Partito Comunista Internazionale Dall’Archivio della Sinistra

“Prometeo”

 

La reazione dorata
(Prometeo, n. 55, 5 luglio 1931)

Guerra o Rivoluzione
(Prometeo, n. 56 del 19 luglio 1931)


 
Presentazione (in “Comunismo” n.36, 1994)

I due articoli che ripubblichiamo apparvero sul giornale della Frazione nel luglio 1931. Essi presero lo spunto dalla proposta Hoover di concedere alla Germania un anno di moratoria, data la sua impossibilità di pagare le rate delle “riparazioni” imposte dagli alleati.

La Germania aveva già precedentemente usufruito del Piano Dawes nel 1924, del Piano Young nel 1929, ed ora si apprestava ad usufruire gli effetti benefici del Piano Hoover. Tutti questi interventi avevano permesso agli Stati Uniti di investire milioni e milioni di dollari in Germania; alla Germania di ricostruire la sua struttura economica e di pagare le «riparazioni» ai vincitori (soprattutto alla Francia), a Francia ed Inghilterra di pagare le rate dei debiti di guerra contratti con gli Stati Uniti.

Keynes, nel 1926, aveva scritto: «Riparazioni e debiti fra gli alleati vengono regolati più con la carta che in natura. Gli Stati Uniti prestano denaro alla Germania, la Germania ne trasferisce l’equivalente agli alleati, gli alleati lo girano di nuovo agli Stati Uniti. Nulla in effetti si muove e nessuno si trova di un filo peggio di prima».

Ma Keynes vedeva solo quello che il suo paraocchi borghese gli permetteva di vedere, ossia l’aspetto esteriore di tutto un traffico finanziario che, percorrendo un circolo chiuso, poteva benissimo essere considerato fermo. Quello che non riusciva a vedere, o che faceva finta di non vedere, erano la sostanza e gli effetti di questo “circolo vizioso”. Innanzi tutto esso rappresentava un intervento di solidarietà da parte dell’imperialismo mondiale nei confronti dell’imperialismo tedesco, minacciato dal nemico comune: la rivoluzione comunista.

La Frazione metteva bene in evidenza il sincronismo tra gli aiuti americani e le minacce rivoluzionarie: il Piano Dawes venne all’indomani della crisi tedesca del 1923, quando il pericolo rivoluzionario era già stato sventato; ma lo stesso errore non fu ripetuto in seguito e i nuovi interventi furono attuati prima che la situazione precipitasse di nuovo.

Accanto, però, a questa azione di solidarietà controrivoluzionaria gli interventi della “reazione dorata” servirono agli Stati Uniti per portare avanti una strategia di guerra finanziaria nei confronti di Inghilterra e Francia tali da far crollare l’egemonia incontrastata di quest’ultima sull’Europa del primo dopoguerra e tali da atrofizzare per quanto possibile, la potenza del vastissimo impero britannico.

I due articoli, se prendiamo spunto dall’intervento della “reazione dorata”, descrivono, tuttavia, il quadro delle contese interimperialistiche in atto, delle alleanze future e, soprattutto, dell’inevitabile sfocio della crisi mortale del capitalismo in una nuova carneficina internazionale, dato che il proletariato era stato ormai apertamente tradito dai suoi partiti comunisti, dall’Internazionale già di Lenin, e dato che lo Stato Sovietico aveva oramai preso posto, di fatto e di diritto, nella «Società delle Nazioni», rinnegando la sua collocazione internazionale rivoluzionaria di classe.

Le frazioni di opposizione allo stalinismo si dimostrarono troppo deboli, da un punto di vista teorico più che da quello materiale, per potere elevarsi a guida sicura della classe operaia. Chi prima, chi poi, tutte le varie esperienze dell’Opposizione mondiale furono travolte e risucchiate dai gorghi della controrivoluzione staliniana.

La sola Frazione Italiana all’estero si salvò dal tragico naufragio. Non poté in nessun modo intervenire sugli avvenimenti e la seconda carneficina passò, in nome dei popoli lavoratori, del cristianesimo, della democrazia e del socialismo, il proletariato come classe per sé fu totalmente assente, servì solo da carne da macello da immolare sull’altare del Capitale. Ma se continuità è stato possibile mantenere tra il Manifesto del Partito Comunista, l’opposizione rivoluzionaria alla guerra del 1914, alla rivoluzione Russa, alla III Internazionale di Mosca e all’immancabile Ottobre Mondiale di domani, questo lo si deve agli anonimi compagni che, all’estero, si privavano perfino del pane per permettere al Partito di continuare a diffondere la sua voce, che producevano lavori teorici spesso sgrammaticati ma esattissimi dal punto di vista della dottrina, perché nei loro cuori ardeva la fede nel comunismo.

 
 
 
 
 
 

La reazione dorata

 Una esatta comprensione del nuovo “piano Hoover” viene facilitata dal richiamo ai più recenti avvenimenti internazionali che hanno trovato la loro provvisoria ed inaspettata conclusione nella proposta americana.

 Nel mese di maggio scorso l’imperialismo francese poteva registrare un successo con il rinvio della minaccia dell’Anschlüss al Tribunale dell’Aia e con la dichiarazione pregiudiziale che qualunque ne fosse stata la soluzione giuridica, dal punto di vista politico l’opposizione francese sarebbe rimasta immutata. Abbiamo a suo tempo notato che il significato essenziale di questo Anschlüss risiedeva nel tentativo di modellare la carta delle influenze imperialiste in Europa secondo la disposizione delle forze economiche nell’Europa centrale e nei Balcani, di modellare questa carta cioè l’unificazione del bacino industriale tedesco con il bacino agricolo danubiano.

 A questo rispondeva praticamente il progetto tedesco dell’Anschlüss che l’imperialismo francese era riuscito ad evitare. Contemporaneamente Parigi si faceva il centro attivo di tutte le iniziative finanziarie destinate all’intervento nei Balcani con prestiti a tutti gli Stati danubiani tanto più possibili per il fatto che il regolare funzionamento degli enormi tributi tedeschi permettevano alla Francia di rivaleggiare con gli Stati Uniti per la base aurea che essa aveva potuto accumulare.

 Nel frattempo il piano francese si sviluppava con il tentativo di conglobare la stessa Russia alla quale si prometteva “il piano di non aggressione economica” in cambio del riconoscimento russo della frontiera dell’Est tedesco.

 In definitiva si assisteva allo svolgimento delle due tendenze fondamentali della lotta imperialistica in Europa. Da una parte la Germania mirante a ricostruire l’influenza che si attende dallo sviluppo delle sue forze economiche e che si vede d’altra parte ostacolata e sconfitta dall’imperialismo francese che [ aveva] ricavato il controllo dei settori più importanti in Europa.  L’insuccesso tedesco poneva le più oscure prospettive per quell’imperialismo. Diveniva visibile quello stato di marasma e di panico che caratterizza le vigilie dei grandi combattimenti di classe. Fughe imponenti di capitali all’estero a tale punto che la riserva aurea della Reichsbank aveva raggiunto il massimo legale, e mancava persino la garanzia di fare fronte al servizio degli impegni correnti della tesoreria.

 È questo il momento in cui Brüning, alla vigilia della sua partenza per i Chequers, pubblica i decreti di fame che danno il per la nuova offensiva contro i salari, decidendo la riduzione dal 4 all’8 per cento degli stipendi dei funzionari, abbassano ancora del 5 per cento le indennità di disoccupazione ed elevano i dazi e le imposte indirette.

 Una sfida più grave era difficile concepire per i lavoratori tedeschi, ed è noto che il partito socialdemocratico, dopo le frasi dell’ opposizione di pragmatica rinunciava persino alla convocazione del Reichstag, richiesta con discutibilissimo senso d’opportunità dal gruppo comunista, che avrebbe dovuto fare sboccare l’attenzione delle masse non nelle contese parlamentari, ma nelle lotte delle masse poggianti sulle agitazioni economiche da svolgere verso l’obiettivo della difesa contro il fascismo e per la rivoluzione comunista.

 In questo frattempo la divisa del capitalismo francese era la seguente: «che la Germania fornisca la prova al mondo di sapere da sola fare faccia al pericolo nazional-socialista e comunista, e dopo sarà possibile parlare di moratoria nel funzionamento del piano Young».

 Una tale asprezza di tensione fra l’imperialismo francese e tedesco, una così grave situazione economica in Germania, doveva richiamare il ricordo della situazione del 1923 e dell’occupazione della Ruhr. Ed è certo che se diversa fosse stata la situazione dell’avanguardia comunista, bene altre sarebbero state le conseguenze della situazione che si muove attualmente intorno all’espediente del piano Hoover.

 Nel folto della più grave crisi conosciuta dal capitalismo in tutti i paesi, le agitazioni operaie non sono mancate. Dovunque, in Francia come in Germania, in Inghilterra come in Ispagna, reparti compatti di proletari sono scesi in lotta per attraversare e rompere il piano padronale destinato alla riduzione massiva di salari. Ma dovunque, in tutti i paesi, la socialdemocrazia è rimasta la padrona del campo e laddove (sciopero della Ruhr, dei minatori in Francia) non le riusciva possibile di accordare al suo piano di asservimento delle masse, l’insieme degli operai interessati, essa riusciva però ad isolare gli operai in lotta in condizioni tali che, dopo pochi giorni, si verificava la resa a discrezione e disordinata, mentre il centrismo vi trovava materia alle sue criminali esercitazioni demagogiche.

 Una situazione di così alte possibilità di lotte proletarie doveva conoscere una situazione di così grave sbandamento dell’avanguardia comunista cui il centrismo ha tolto la sua funzione specifica di centro motore dei grandi combattimenti di classe.

 Nel 1923 la reazione dorata era accorsa dopo le battaglie rivoluzionarie in Germania. Il piano Dawes veniva dopo la sconfitta della rivoluzione in Germania. Attualmente il nuovo piano Hoover è venuto prima che le gravi condizioni dell’economia tedesca dessero origine ai grandi combattimenti di classe che erano facilmente prevedibili sovrattutto in Germania. È vano cercare una giustificazione alla proposta americana tenendo conto sovrattutto degli elementi propri dell’imperialismo americano, considerato come unità a sé. Il suo bilancio statale si chiude con due miliardi di deficit, mentre le condizioni economiche di tutti i paesi non fanno nullamente intravedere una possibile ripresa degli affari capace di diminuire l’iperbolica dei sette milioni di disoccupati.

 In questa situazione la diminuita entrata di sei miliardi rappresentata dal servizio di debiti di guerra «sospeso per un anno» richiederà nuove misure fiscali che non potranno essere presentate come un sacrificio provvisorio. Nemmeno si può intendere la proposta di Hoover come unicamente mirante alla difesa dei capitali americani investiti in Germania che vengono valutati a 12 miliardi di marchi a lunga scadenza e 6 miliardi a breve scadenza.

 Benché questo sia evidentemente uno degli elementi che hanno determinato la proposta di Hoover, esso non è l’essenziale giacché non era impossibile sia procedere al ritiro dei capitali investiti, sia alla liquidazione di quelle imprese ove essi erano mobilitati ed ove è certo che la perdita eventuale sarebbe stata inferiore a quella causata dalla moratoria.

 È in altro campo che la causa va cercata. E nello stesso campo erano dirette a cadere le grandi difficoltà entro cui si muove l’economia tedesca. E cioè nel pericolo di sconvolgimenti sociali, di una rivoluzione comunista in Germania che sarebbe stato il segnale di un nuovo precipitare degli avvenimenti in tutto il mondo verso la soluzione proletaria comunista a tutti i problemi originati dalla crisi mortale del capitalismo che, dopo il temporaneo riassetto del 1923/29, aveva avuto il suo punto di partenza proprio nel presunto Eldorado del capitalismo, negli Stati Uniti.

 È qui che risiede il fondo della proposta Hoover. È la reazione più brutale che può ancora ammantarsi d’oro di generosità. È il soccorso disperato che parte da chi si sente minacciato da un’eguale fine a quella che tormenta il malato. È un nuovo espediente che prova quanto è vigile la solidarietà interimperialistica e che si verifica quando i “decreti di fame” di Brüning erano già stati presi, e che realizzano il più alto sfruttamento dei lavoratori tedeschi. Inutile dire che anche dopo la moratoria americana, i decreti restano pienamente in vigore.

 L’espediente Hoover non modifica il quadro entro cui si muovono le situazioni della crisi mortale del capitalismo. Destinato a parare al pericolo immediato di una rivoluzione comunista in Germania, esso non poteva che avere ripercussioni sul fronte delle contese interimperialistiche dalle quali poteva sorgere l’altro sbocco delle situazioni, e cioè la guerra. A questo scopo è necessaria un’analisi delle concrete ripercussioni della proposta nel campo economico, ed è quello che faremo in un prossimo numero.