Partito Comunista Internazionale  



2022
Esplode la collera nelle Antille francesi Guadalupa e Martinica


- Due isole, a lungo rivali
- Una situazione economica e sociale disastrosa da decenni
- I principali sindacati in Guadalupa e Martinica
- Il flagello del clordecone e del Covid‑19
- Estate 2021, inizia il movimento sociale
- Lo sciopero generale in Guadalupa e Martinica
- La piattaforma della LPK
- Autonomia o indipendenza?



La collera esplosa nella "ribelle" Guadalupa, seguita a breve dalla Martinica, da metà novembre 2021 è un nuovo episodio della lotta nei Territori Francesi d’Oltremare (TFO) contro il deterioramento delle condizioni di vita della popolazione, aggravato dalla crisi sanitaria.

Viene erroneamente presentato dai nostri media come un movimento di protesta contro la vaccinazione obbligatoria dal Covid19.

È iniziata lunedì 15 novembre in Guadalupa con un appello allo sciopero generale da parte di un collettivo di sindacati e organizzazioni di cittadini, la LKP (in creolo: Liyannaj Kont Pwofitasyon, Collettivo contro lo sfruttamento oltraggioso), e in Martinica lunedì 22 novembre con l’appello di una Intersindacale guidata dalla CGT della Martinica. Ma il movimento è iniziato nel luglio 2021 in entrambe le isole con richieste legate principalmente al degrado delle strutture sanitarie aggravate dal Covid19 e alla disastrosa situazione socio-economica che affligge queste isole da decenni, come la maggior parte dei TFO.

Se a scatenare l’incendio a settembre è stato il certificato sanitario obbligatorio e la conseguente sospensione dal servizio dei vigili del fuoco e di personale ospedaliero, la situazione sociale in Guadalupa e Martinica è una polveriera da ben prima. È una spina nel fianco del governo Macron, già impegnato nella campagna presidenziale.

Dal 4 dicembre la calma sembra essere tornata grazie al dispiegamento di forze repressive, ma rimangono sacche di resistenza. Negoziati sono in corso, soprattutto in Martinica, mentre in Guadalupa il 14 dicembre i sindacati e i parlamentari locali hanno rifiutato di continuare le trattative.

Intanto reparti armati della polizia rimuovono una barricata dopo l’altra, i tribunali lavorano a pieno ritmo per “punire” gli arrestati per violenza, soprattutto giovani.

Quale sarà l’esito di questo nuovo conflitto quando le classi lavoratrici dei TFO non possono contare sulla solidarietà dei proletari in Francia, le cui organizzazioni sindacali si tengono ben alla larga dall’argomento?


Due isole a lungo rivali

Guadalupa e Martinica sono due piccole isole vulcaniche nel Mar dei Caraibi, con un clima, una fauna e una flora molto simili, per una superficie di 1.700 km² la prima e 1.000 km² la seconda, e popolazioni di circa 450.000 abitanti ciascuna.

Tuttavia per secoli le due isole hanno avuto un diverso sviluppo economico. La colonizzazione francese nel XVII secolo partì dalla piccola isola di Saint Christophe, per la coltivazione della canna da zucchero, che richiedeva l’impiego degli schiavi. La colonizzazione della Martinica fu più prospera di quella della Guadalupa perché guidata da imprenditori che dal 1668 fecero della città di Saint Pierre la sede del governo delle Antille francesi, portando a uno sviluppo economico con il commercio di merci e di schiavi per le piantagioni.

La schiavitù fu abolita nel 1794 dalla Rivoluzione in Francia, ma solo in Guadalupa, dove i piantatori furono cacciati o ghigliottinati, mentre in Martinica, occupata dagli inglesi dal 1794 al 1814, i piantatori furono protetti dall’abolizione della schiavitù e mantenuto il loro status sociale. Reintrodotta nel 1802 da Napoleone, la schiavitù fu definitivamente abolita nel 1848 per entrambe le isole.

Tuttavia in Martinica si era sviluppata una casta di piantatori, bianchi-creoli o békés, discendenti dei primi coloni europei, soprattutto francesi, ma anche inglesi e olandesi, che si erano incrociati con schiavi o schiavi affrancati. Con la grave crisi dello zucchero del 1884 i piantatori della Guadalupa furono rovinati e le loro piantagioni acquistate da compagnie metropolitane e da famiglie béké della Martinica. Questi rimangono ancora oggi in entrambe le isole una componente sociale, una “casta” dal peso economico rilevante. Oggi il loro monopolio è minato dall’arrivo di investitori metropolitani e dall’emergere negli anni ‘90 di una grande borghesia meticcia, indiana o cinese. Nella lotta tra operai e padroni, il béké non è più l’unico individuato come sfruttatore!


Una situazione economica e sociale disastrosa

Un gruppo di senatori ha presentato nel novembre 2021 un dettagliato rapporto sulla situazione economica, sociale e sanitaria di tutti i TFO: Martinica, Guadalupa, Guyana francese, Nuova Caledonia, Polinesia, Réunion, Mayotte, ecc, con oltre 2,6 milioni di abitanti. Quell’allarme si è rafforzato quest’anno. La borghesia francese e i suoi tirapiedi al governo conoscono quindi bene il problema!

Questi territori sono caratterizzati da indicatori sociali peggiori della media francese. La disoccupazione nel 2020 è salita a quasi il 19% in Guadalupa, al 13% in Martinica, al 17% alla Réunion, all’11% in Nuova Caledonia (ma il 15% per i kanak), al 15% nella Polinesia francese. Lo stesso per il tasso di povertà, che raggiunge il 30% in Martinica e Guadalupa, il 42% alla Réunion, il 53% nella Guyana Francese e addirittura il 77% a Mayotte. La vita è più cara che in Francia e i salari sono più bassi.

I solerti senatori aggiungono che vi si riscontra un contesto sociale “eruttivo”, un tasso più elevato di reati violenti e di violenza intra-familiare, e una inferiore durata degli studi, che risente dell’inadeguatezza del trasporto scolastico rispetto alla Francia.

L’economia di questi territori dipende dalle sovvenzioni del governo centrale, dalle importazioni e dal turismo. Nel 2021 la ripresa economica nei TFO è stata ostacolata dalle nuove restrizioni sanitarie. Confinamenti e coprifuochi sono stati decisi in agosto e settembre 2021, quando la situazione sanitaria sembrava più favorevole in Francia, mentre questi territori erano meno colpiti dall’epidemia fino all’estate scorsa. Il turismo ha un’importanza cruciale per le economie d’oltremare e determinante nelle Antille: 30% del PIL della Guadalupa, per esempio. Ha un forte effetto a catena su altri settori – trasporti, ristorazione, tempo libero – che rappresentano fino al 10% dei posti di lavoro diretti e altrettanti indiretti. I TFO stanno affrontando la penuria e l’aumento dei prezzi delle materie prime legati all’ingolfamento dei trasporti marittimi e alla ripresa dell’economia, anche se l’attività non è tornata al livello precedente.

Al pubblico impiego va gran parte dei posti di lavoro nelle Antille. Il settore in senso lato (servizi civili statali, locali e ospedalieri ed enti parastatali) beneficia di un sistema retributivo favorito. In applicazione di una legge del 1950 lo stipendio pagato ai dipendenti pubblici francesi distaccati nei Dipartimenti d’Oltremare, che occupano le qualifiche più alte, è maggiorato di un coefficiente fissato al 40% in Guadalupa, Martinica e Guyana, che sale al 53% in Réunion. Si aggiunge una indennità quando il dipendente si è dovuto trasferire. Inoltre in Réunion le pensioni dei pubblici dipendenti sono aumentate del 35%. Questo crea un divario tra il personale civile originario della Francia e quello indigeno.

L’economia dei Dipartimenti d’Oltremare è fortemente dipendente dalla metropoli. Il commercio estero è molto deficitario. La maggior parte di questo commercio è con la Francia continentale (60‑65%), mentre le relazioni commerciali con i paesi vicini rimangono per lo più marginali. Il tasso di copertura delle importazioni con le esportazioni è molto basso e in costante diminuzione: nel 1998, era solo del 7% per la Guadalupa, del 17% per la Guyana, del 17% per la Martinica e dell’8% per la Réunion. Poiché i TFO hanno una base industriale debole, gran parte del consumo delle famiglie e delle imprese proviene dalle importazioni.

Il disordine globale delle catene di approvvigionamento ha sconvolto la produzione di manufatti, ha ridotto il flusso delle importazioni e ha portato alla chiusura dei mercati di destinazione delle aziende d’oltremare con poche possibilità di rifarsi sul mercato locale.

Altra caratteristica della Francia d’Oltremare è l’altissima percentuale di piccolissime imprese, spesso imprenditori individuali di se stessi, e di piccole e medie imprese, che rappresentano circa il 95%. L’84% delle aziende in Guadalupa non ha dipendenti, l’81% in Martinica e il 65% in Guyana francese. Queste piccole imprese sono vulnerabili agli shock economici, specialmente di questa portata, data la loro minore disponibilità di cassa, la minore redditività e la riluttanza delle banche a concedere loro prestiti. La quota di economia informale, non dichiarata agli organi statali come l’economia familiare, o illegale, nel PIL è molto più alta che in Francia. In Guadalupa il settore informale rappresenta tra il 23 e il 26,5% dei posti di lavoro, tra il 19 e il 20% in Martinica e tra il 12,5 e il 16,5% in Réunion. Le imprese del settore informale non hanno accesso agli aiuti di Stato e sono concentrate nelle attività più colpite, come il commercio al dettaglio e l’edilizia.


I sindacati in Guadalupa e Martinica

Mentre la popolazione di entrambe le isole è in stragrande maggioranza contraria all’indipendenza, la Martinica, dopo un referendum nel 2011, gode, come la Guyana francese, di uno status politico più autonomo rispetto alla Guadalupa, essendo passata da Dipartimento a Collettività Territoriale. È governata da un’assemblea controllata da diversi partiti che si dicono moderatatente fautori dell’indipendenza ma non ostili allo Stato centrale, mentre la Guadalupa è governata da due assemblee, il Consiglio Generale e quello Regionale. Ma di fatto, la situazione sociale è la stessa su entrambe le isole.

In Guadalupa il Collettivo LKP, che riunisce una cinquantina di organizzazioni sindacali, associative, politiche e culturali, guida le lotte dal 2009. Vi prevale maggioritaria la Unione Generale dei Lavoratori di Guadalupa (UGTG, Unyon Général a Travayè Gwadloup, in creolo ), un sindacato con rivendicazioni pro‑indipendenza. I principali sindacati in Guadalupa sono la UGTG, indipendentista, e la Confederazione Generale dei Lavoratori di Guadalupa (CGTG), classista.

L’UGTG è il sindacato maggioritario: ha ottenuto il 52% dei voti nelle elezioni sindacali del 2008, contro il 20% della CGTG e il 9% della Centrale dei Lavoratori Uniti.

La UGTG è un sindacato molto centralizzato, fondato nel dicembre 1973, ma che si dà anche obiettivi politici, pro‑indipendenza e “anti‑coloniali”. Dalla nascita è stato guidato da attivisti del movimento indipendentista, ma la maggior parte dei lavoratori che vi aderiscono non sono nazionalisti. Inizialmente basato sull’industria dello zucchero, che poi declinò, il sindacato ha guadagnato forza nel pubblico impiego, nel commercio e nelle piccole imprese. L’UGTG si dichiara patriottica e a presidio della “identità” dell’isola. La CGTG la accusa di difendere più gli imprenditori della Guadalupa che i lavoratori! Infatti il principale nemico dell’UGTG è lo Stato francese.

La CGTG si è separata dalla CGT francese nel 1961, ma ha mantenuto un rapporto di cooperazione e di sostegno reciproco. Per molti anni, la politica timida, moderata e non combattiva della direzione della CGTG ha portato a un’emorragia di molti suoi sindacati, che sono andati a rafforzare la UGTG nell’industria della canna da zucchero, negli zuccherifici, nei supermercati, nei grandi alberghi, negli enti locali, nei comuni, ecc. Dal 2004 è guidata da un attivista dell’organizzazione trotskista Combat Ouvrier, legata alla francese Lutte Ouvrière, e si proclama espressione della lotta di classe.

Una delle difficoltà che hanno ostacolato il rafforzamento della CGTG è stato, a partire dagli anni ‘80, il graduale cambiamento della classe operaia dell’isola. Gli zuccherifici hanno chiuso, tranne due ora trasferiti nella piccola isola vicina di Marie-Galante. La superficie delle coltivazioni a canna da zucchero si è ridotta e la meccanizzazione ha fatto quasi scomparire i tagliatori di canna e le moorers (le donne che legavano le fascine). I békés hanno poi riconvertito le piantagioni a banane. Il sindacato dei lavoratori delle banane aderente alla CGTG è rinato e si è rafforzato notevolmente, in particolare durante diversi scioperi e lotte memorabili. Ma da qualche tempo anche diverse piantagioni di banane stanno chiudendo, lasciando centinaia di lavoratori agricoli senza lavoro. Di conseguenza il loro sindacato si è indebolito. Il proletariato non è più concentrato nel settore agricolo.

Altre aree sono in espansione, con i lavoratori concentrati in piccole imprese e in lavori spesso precari. La disoccupazione è aumentata, colpendo in primo luogo le donne e i giovani, che emigrano in massa in Francia, oppure ottengono solo piccoli lavori e contratti a tempo determinato.

In Martinica le organizzazioni sindacali più influenti sono la CGTM (Confederazione Generale del Lavoro della Martinica) la CDMT (Centrale Democratica in Martinica dei Lavoratori). La CGTM è il principale sindacato dell’isola. Dal 1990 è guidata da un attivista di Combat Ouvrier, come la CGTG. Ha roccheforti nei servizi pubblici, nei portuali e nella raccolta delle banane. Separatasi dalla CGT nel 1976, è tornata ad aderirvi nel settembre 2021 a causa di cambiamenti legali che avrebbero limitato la sua rappresentatività.

La CDMT afferma essere un sindacato di lotta di classe, democratico, anticoloniale e anticapitalista. È guidato da un attivista di un partito trotskista vicino all’NPA.

La CSTM (Centrale Sindacale dei Lavoratori della Martinica) è terzo. Si è formato da una scissione di Force Ouvrière dopo lo sciopero dei lavoratori delle banane del febbraio 1974, che fu duramente represso, ed è vicino al movimento indipendentista.


Il flagello del clordecone e del Covid‑19

Il fuoco della rivolta si è levato dalle ceneri di un vecchio scandalo sanitario: quello del clordecone, un pesticida altamente tossico usato nelle Antille con il consenso delle istituzioni dal 1972 al 1993, anche se era stato vietato negli Stati Uniti dal 1976 e nella Francia continentale dal 1990. Questo pesticida, usato nelle piantagioni di banane minacciate dai tonchi, un parassita, ha causato un inquinamento consistente e duraturo del suolo e dell’acqua nelle Antille. Il suo impiego, la cui pericolosità è nota dagli anni’60, ha causato danni incalcolabili alla salute: secondo dati sanitari ufficiali, tra il 1972 e il 1993 nove decimi degli abitanti della Martinica e della Guadalupa sono stati contaminati da questa sostanza, responzabile dei più alti tassi di cancro alla prostata del mondo.

Da più di vent’anni sono in corso procedimenti legali contro i proprietari delle piantagioni, che spesso sono famiglie béké molto potenti, ma non sono ancora state pronunciate condanne e ancor meno sono stati risarciti i malati dai danni causati. Da novembre 2019, ogni sabato, vengono intraprese dimostrazioni contro le imprese, i supermercati, ecc. appartenenti alle famiglie békés, azioni severamente ostacolate dalle forze dello Stato.

L’epidemia di Covid19 finora non aveva quasi interessato questi territori. Ma la quarta ondata della pandemia ha colpito duramente, aggravata dalle scarse misure sanitarie, dalla mancanza di cure e dalle difficoltà sociali in tutti i Territori d’Oltremare. Il bilancio della quarta ondata dell’epidemia vi è stato pesante: i TFO ospitano il 4% della popolazione francese, ma dall’inizio di luglio alla fine di ottobre più del 30% dei decessi legati al Covid si è verificato nei loro ospedali. Da aggiungere il numero di morti in casa, che non viene contato. Da luglio a ottobre 2021 sono stati registrati in Guadalupa 580 decessi ospedalieri legati al Covid e 520 in Martinica. Questo eccesso di mortalità si spiega non solo con uno stato di co‑morbilità spesso legato alla povertà, ma anche con un settore sanitario in pieno degrado, ancora più grave che nella Francia metropolitana (mancanza di personale, di letti, di attrezzature, soprattutto respiratorie, disorganizzazione, ecc).

Nonostante l’aumento della capacità dei reparti di rianimazione, l’invio massiccio di rinforzi (4.600 infermieri in 3 mesi) e più di 150 trasferimenti dei malati in Francia, gli ospedali sono stati sopraffatti. Le Antille sono state investite da uno “tsunami” epidemico. Negli ospedali si è dovuto scegliere fra quali pazienti curare. Più di un migliaio sono stati costretti a casa, con i medici privi di aiuto o in mancanza di ossigeno. La diagnosi e il trattamento delle patologie non virali sono stati notevolmente ritardati, con un impatto sulla mortalità che deve ancora essere valutato. I lavoratori degli ospedalieri sono stati oggetto della protesta per il fallimento sanitario.

Lo stato di emergenza sanitaria doveva rimanere in vigore in Guadalupa fino al 15 novembre 2021, alla Guyana francese e alla Martinica fino al 31 dicembre. Al 15 novembre 2021 solo il 33% aveva ricevuto le 2 dosi di vaccino in Guadalupa e il 34% in Martinica. In Guyana, il tasso di vaccinazione a due dosi è del 25,5%.

L’ostilità, la riluttanza o i dubbi sul vaccino sono molto più diffusi lì che in Francia per una serie di ragioni: la preferenza per la farmacopea tradizionale, l’esperienza di altri rischi alla salute che relativizzano quelli legati al virus, l’importanza sproporzionata dei forum in rete vettori di false informazioni. Ma soprattutto si impone la sfiducia di una parte della popolazione verso lo Stato e le verità istituzionali, per ragioni che hanno a che vedere con la storia di conflitti sanguinosi, per lo scandalo del clordecone, per l’incapacità delle autorità di garantire l’approvvigionamento idrico (con una stato disastroso delle reti di distribuzione), per i trasporti e il sistema sanitario inefficienti.

L’annuncio dell’obbligo per gli operatori sanitari a vaccinarsi entro il 16 novembre è stato di innesco degli scontri. Per molti antillani la imposizione dell’obbligo alla vaccinazione da parte delle istituzioni statali tende solo a mascherare i problemi. Anche i sindacati hanno approfittato dell’opposizione ai vaccini per mobilitare i lavoratori.

Tra il personale sanitario dell’isola il tasso di vaccinazione contro il Covid19 a novembre era già dell’85%, ma rimangono sacche di resistenza tanto che il 22 novembre all’ospedale di Pointe-à-Pitre ci sono state 566 sospensioni dal lavoro per mancata vaccinazione.

Ma altro è ciò che realmente alimenta la frustrazione e la rabbia degli abitanti. A Pointe-à-Pitre ogni giorno cresce la miseria. Intere arterie commerciali sono ormai in abbandono con i bandoni dei negozi abbassati o danneggiati. Il sindaco della città, Harry Durmel (del partito ecologista EELV). lamenta «sfiducia nei pubblici poteri». Elie Domota, segretario della UGTG aggiunge «noi della Guadalupa siamo un popolo, abbiamo una storia, e chiediamo di essere ascoltati quando abbiamo dei dubbi, dubbi legittimi. Puoi venire a dirci quello che vuoi, non ci fidiamo di te».


Inizio del movimento

Per decenni la deleteria situazione economica ha regolarmente provocato sommovimenti sociali, che lo Stato centrale e locale ha represso, il più delle volte molto duramente.

Prima del 1947 Guadalupa e Martinica erano sotto il controllo di governatori, simbolo coloniale, che furono sostituiti da prefetti. Ma la legislazione metropolitana, nei settori della previdenza sociale (salute, famiglia, pensione), a seguito del cambiamento dello stato di queste isole da colonia a dipartimento, fu applicata solo molto lentamente e incontrò l’ostilità dei padroni dell’industria e dell’agricoltura delle Antille. In effetti ancora oggi il potere economico rimane nelle mani dei grandi proprietari terrieri, discendenti dei primi coloni, bianchi o békés, o delle grandi imprese esterne alle Antille.

Le lotte iniziarono alla fine del XIX secolo con la crisi della produzione di zucchero, e poi nel XX con un duro sciopero nei campi di canna da zucchero nel febbraio 1961, fino al movimento del maggio 1967, quando gli indipendentisti divennero più attivi e una brutale repressione fece molti morti, soprattutto in Guadalupa, che ancora oggi lo ricorda. Questo episodio segnò una rottura con il Partito Comunista Francese, molto cauto contro il potere centrale. Si svilupparono movimenti autonomisti e indipendentisti, influenzati dai movimenti algerini e cubani.

Nel 1973 fu fondata in Guadalupa la UGTG, che doveva essere un sindacato di massa, di classe e anticoloniale, affermandosi nel settore della canna da zucchero, che avrebbe diretto numerosi scioperi nel contesto di una crisi di sovrapproduzione.

Gli anni ’80 videro un declino delle lotte.

Nel 2002 in Guadalupa, la più ribelle delle due isole, fu presentata una piattaforma di rivendicazioni con lotte negli anni successivi. In Martinica nel 2005 si ricostituì una intersindacale, dopo diversi precedenti tentativi.

Il grande movimento sociale del 2008‑2009 in Guadalupa e Martinica fu il culmine di una moltitudine di conflitti riguardanti i salari, la sanità, le scuole e la repressione antisindacale e l’arroganza di un padronato spietato, costituto dai residui della "casta" dei béké, dai capi delle imprese della Francia metropolitana, dalle multinazionali, dai padroni locali antillani o indiani.

Nacque il Collettivo della Guadalupa LKP, che ha guidato il movimento iniziato nel dicembre 2008 in seguito all’aumento dei prezzi della benzina, si è diffuso in Martinica e ha colpito anche la Guyana francese. Uno sciopero generale illimitato fu indetto in Guadalupa dal 20 gennaio al 4 marzo 2009. Iniziò in Martinica il 5 febbraio, ma lì la forza del movimento guidato dall’Intersindacale fu minore. Furono presentate dal LKP 140 richieste, contro l’alto costo della vita e la disoccupazione. Lo sciopero durò 44 giorni in Guadalupa e 38 in Martinica. Ci furono molti scontri con la polizia, con la partecipazione dei quartieri popolari. Le trattative, sulla base della piattaforma, furono condotte fra lo Stato, i datori di lavoro, le autorità locali e i sindacati. Questi invitarono al ritorno al lavoro dopo alcuni magri guadagni.

Da quel massiccio sciopero generale contro l’alto costo della vita nel 2009 la situazione non è migliorata. E il Covid‑19 non ha aiutato. Tutti i prodotti che passano attraverso la Francia per arrivare nelle Antille costano molto di più, a causa del trasporto e dei dazi marittimi (una tassa doganale riscossa dai Territori d’Oltremare sui prodotti importati). Alcune compagnie hanno un monopolio sulle isole e non permettono la concorrenza, il che fa aumentare i prezzi. E l’offerta di alloggi non è sufficiente. È soprattutto il prezzo degli alimentari un problema: nonostante i meccanismi messi in atto dallo Stato per proteggere i consumatori d’oltremare, i prodotti alimentari in Martinica e Guadalupa continuano a costare circa il 40% in più rispetto alla Francia continentale.

Gli scioperanti chiedono quindi un aumento dei salari, delle pensioni e delle prestazioni sociali minime, oltre che un limite al prezzo della benzina e del gas. Il prezzo di una bombola di gas, che molti antillani usano per cucinare, è aumentato di quasi 11 euro in due anni, raggiungendo i 30 euro in ottobre!

Inoltre lo scandalo dell’interminabile processo contro i responsabili degli effetti del clordecone aumenta la sfiducia della popolazione verso uno Stato centrale che apertamente protegge i piantatori.

In risposta a una delle richieste del movimento, il governo ha annunciato il riconoscimento del cancro alla prostata come malattia professionale per i lavoratori agricoli. I sindacati chiedono anche test di screening gratuiti per l’avvelenamento da clordecone per tutta la popolazione: promesso dal governo lo scorso marzo, è stato concesso solo per i lavoratori e le donne incinte. Per gli altri il test costa 140 euro.

Le restrizioni imposte dal confino e dalle altre misure sanitarie hanno peggiorato significativamente le condizioni di vita di gran parte della popolazione, con il settore turistico molto colpito, aumento dei prezzi di gas, carburante e alimenti, chiusura di piccole imprese, ecc.

Il movimento attuale è iniziato il 17 luglio. Manifestazioni organizzate dalla LKP in Guadalupa e dall’Intersindacale in Martinica contro le misure sanitarie e la gestione della crisi del Covid si sono svolte ogni sabato nei comuni dell’arcipelago, nell’indifferenza e nel silenzio delle autorità. Quest’estate hanno mobilitato fino a diverse migliaia di guadalupani e martinicani.

Negoziati con le autorità locali sono iniziati a luglio. L’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario e dei medici professionisti e del certificato sanitario per l’accesso ai ristoranti ecc., previsto dalla legge del 5 agosto 2021 e pienamente in vigore in Francia metropolitana dal 16 ottobre, è stato oggetto di un calendario modificato per i Territori.

Per i vigili del fuoco l’obbligo della tessera sanitaria è iniziato il 15 settembre: chi lo rifiuta è minacciato di sospensione. Questo obbligo ha dato luogo a forti proteste, in particolare nelle Antille e nella Guyana francese, portando a conflitti in molti ospedali.

In Guadalupa la LKP ha presentato il 2 settembre una piattaforma di 32 punti, tra cui «aumento generale dei salari, eliminazione di tutti i lavori precari e massicce assunzioni, fine della repressione giudiziaria e padronale». Infine l’abrogazione dell’obbligo al libretto sanitario e alla vaccinazione obbligatoria per alcune professioni. Ma alla fine di settembre il prefetto ha interrotto le trattative. L’unica risposta dello Stato e dei padroni sono stati arresti arbitrari, molestie ai lavoratori, violenze della polizia, condanne, sospensione dei contratti di lavoro e dei salari, chiusura di studi professionali con sospensione dei dipendenti, messa in mora per il personale infermieristico e i pompieri recalcitranti.

Se a metà settembre l’85% dei 251.000 vigili del fuoco non era stato vaccinato, il 15 ottobre si sono ridotti al 7%. In Guadalupa nei vari ospedali il tasso di vaccinazione del personale è fra l’85% e quasi il 100%. Ma nell’insieme dei servizi sanitari si arriva appena al 50% in Martinica e al 64% in Guyana.


L’appello per lo sciopero generale

Dopo quattro mesi di mobilitazione e richieste di trattative senza esito la pressione è infine esplosa. La LKP indice uno sciopero generale illimitato da lunedì 15 novembre (data della fine dello stato di emergenza sanitaria in Guadalupa). Lunedì 22 novembre è la data per la Martinica su chiamata di una Intersindacale che riunisce 17 sindacati. Il segretario generale dell’UGTG, Maïté Hubert M’Toumo, in un comunicato stampa congiunto con la LPK denuncia «il deterioramento del clima sociale risultato del marciume deliberato orchestrato dallo Stato con la complicità dei parlamentari e dei media», che la mobilitazione riflette «la profondità delle sofferenze, le disuguaglianze, la povertà e l’esclusione subite dalla popolazione, in particolare dai giovani e dagli anziani», che reagisce a «tutto il disprezzo e la violenza che abbiamo subito per anni», e all’entrata in vigore delle sanzioni contro gli operatori sanitari non vaccinati. Quest’ultima questione sarebbe stata solo “l’ultima goccia”.

Félix Flémin, segretario generale del Partito Comunista della Guadalupa, ha ricordato che «ci sono state manifestazioni ogni settimana da luglio su questo tema, ma la mobilitazione è molto più ampia», provocata da una situazione sociale disastrosa. Perfino il presidente della regione della Guadalupa (de La République en Marche, il partito del presidente Macron) ha “deplorato” il disprezzo dello Stato centrale.

Su entrambe le isole sono stati imposti blocchi stradali su molte strade e in Guadalupa l’accesso agli ospedali è stato filtrato da picchetti organizzati dall’LPK. In diverse occasioni di notte la mobilitazione è degenerata in violenza urbana, con la partecipazione di molti giovani. La prefettura di Guadalupa ha imposto un coprifuoco sull’isola tra le 18 e le 5 del mattino. I vigili del fuoco in sciopero, tra cui sindacalisti della FO, hanno occupato il 21 novembre una grande rotonda a Pointe-à-Pitre presso la principale stazione dei pompieri dell’isola. Si sono affiancati lavoratori sanitari e della scuola. Questa rotonda, bloccata da mezzogiorno a sera, il 17 e il 18 novembre è stata teatro di scontri tra i manifestanti e la polizia; molte auto sono state incendiate.

Il coprifuoco è stato esteso ad entrambe le isole. Circa 100 colpi sono stati sparati contro la polizia e la gendarmeria. Rinforzi tra cui 5 unità della Forza Mobile, del Raid (unità scelte della polizia nazionale) e il Gruppo d’Intervento della Gendarmeria sono stati inviati nelle due isole. Solo questa la risposta dello Stato!


La piattaforma della LPK

Le rivendicazioni della LPK assomigliano a quelle del 2009. In una trentina di punti si richiamano i problemi e le disfunzioni più volte denunciati.

Richieste sociali:
     - Risoluzione di tutti i conflitti in corso;
     - Rispetto di tutti gli accordi firmati, compreso quello del 2014 sul reclutamento di vigili del fuoco e ancora non applicato;
     - Aumento generale dei salari, dei minimi sociali, dei sussidi di disoccupazione e delle pensioni di anzianità legato all’aumento dei prezzi;
     - Sostituzione di tutti i lavoratori pensionati;
     - Stop ai licenziamenti nel settore privato e ai tagli di posti di lavoro nel settore pubblico;
     - Assunzione massiccia di personale permanente in tutti i servizi pubblici, nelle poste, nelle scuole, nelle università;
     - Fine della repressione giudiziaria e padronale contro i militanti, i lavoratori e le organizzazioni sindacali;
     - Abrogazione dei condizionamenti al recepimento dell’indennità di disoccupazione;
     - Mantenimento di tutte le compensazioni per l’aumento del costo della vita;
     - Apertura di trattative collettive, in tutte le categorie, sui salari, l’occupazione, la formazione, l’orario di lavoro, la protezione sociale, l’occupazione prioritaria per i giovani, i disoccupati e i lavoratori della Guadalupa, e sul movimento sindacale della Guadalupa;
     - Eliminazione di tutti i lavori precari e forti assunzioni nel settore privato.

Riguardo la gestione della crisi per il Covid e la situazione sanitaria locale:
     - Abrogazione della legge del 5 agosto 2021, sulla gestione della crisi sanitaria;
     - Abolizione dell’obbligo di vaccinazione;
     - Abolizione della tessera sanitaria;
     - Mantenimento degli esami gratuiti;
     - Protocolli sanitari rigorosi, applicati nei luoghi di lavoro pubblici e privati;
     - Reclutamento di operatori sanitari e personale negli ospedali, nelle cliniche private, nel settore sociale e medico-sociale;
     - Un piano di emergenza per l’assunzione e la formazione dei giovani;
     - Risorse materiali per il settore sanitario, sociale;
     - Creazione di una assistenza sanitaria di qualità per cure dignitose ed efficienti;
     - Fornitura immediata di ossigeno alle strutture sanitarie.

Requisiti specifici per i vigili del fuoco:
     - Assunzione immediata dei 15 vigili del fuoco volontari;
     - Assunzione di personale amministrativo e tecnico specializzato;
     - Riparazione, manutenzione e rinnovo dei veicoli di emergenza, di soccorso e antincendio;
     - Concorsi per vigili del fuoco professionisti;
     - Nuova turnazione: 12 ore di lavoro diurno e 24 ore di riposo, 12 ore di lavoro notturno e 72 ore di riposo.

Esigenze sociali ed educative:
     - Risorse aggiuntive per le scuole e assunzione di personale tecnico e di sorveglianza per il raddoppio delle classi e il rispetto delle misure sanitarie;
     - Edifici scolastici e strutture sportive e culturali rinnovati, in conformità con le norme antisismiche; derattizzazione;
     - Accesso garantito all’acqua potabile, senza pesticidi, senza clordecone, ad un prezzo unico e basso;
     - Sanificazione dei serbatoi dell’acqua in tutti gli edifici pubblici;
     - Condanna di coloro che hanno avvelenato con il clordecone a disinquinare i terreni;
     - Un servizio di trasporto pubblico che permetta a tutti di viaggiare in qualsiasi momento su tutto il territorio.

Il 29 novembre è arrivato a Pointe-à-Pitre, in Guadalupa, Le Cornu, ministro per i TFO. Ma le trattative si sono presto interrotte perché i sindacati si sono rifiutati di condannare le violenze e i “tentativi di assassinio di poliziotti e gendarmi”, condizione preliminare che Le Cornu aveva richiesto. Gli incontri sono continuati quindi solo con i parlamentari locali. In Martinica, dove il ministro si è recato il giorno dopo, i sindacati hanno accettato le sue condizioni.

Ma in entrambe le isole rimane la tensione. Le prefetture hanno annunciato il 30 novembre la revisione dei prezzi del carburante e del gas, una delle richieste del movimento, ma è solo una briciola.


Autonomia o indipendenza?

Come ha detto il portavoce del collettivo LKP e dell’attuale movimento della Guadalupa: «La questione dei contratti collettivi che non vengono applicati, la questione dell’acqua che non arriva al rubinetto o che è avvelenata dal clordecone, la questione dei giovani con il 60% degli under 25 disoccupati: come, oggi, aprire il dibattito sull’autonomia può risolvere questi problemi? Quando sarà il momento, potremo parlare di tutto quello che vogliamo, ma oggi la questione cruciale sono i sospesi dal lavoro – ormai quasi 3.000 su un’isola di 380.000 abitanti – i 250 piccoli laboratori che sono stati chiusi. Questo sta causando un problema di salute pubblica. Questo è ciò che deve essere affrontato».

Il ministro, appena arrivato, ha cercato invece di introdurre la questione dell’autonomia delle isole, benché il movimento sia concentrato prevalentemente su questioni sociali e non abbia mai incluso l’autonomia fra le sue rivendicazioni, anche se, di fatto, ha un certo carattere anticoloniale. Ma gran parte della popolazione è sfavorevole a qualsiasi indipendenza e sospetta delle offerte di autonomia. Quello che sta succedendo ad Haiti, di cui le potenze imperialiste e coloniali sono le principali responsabili, è da tempo ammonimento contro qualsiasi desiderio di indipendenza in queste isole.

La questione dell’autonomia è già stata sollevata ed è stata oggetto di due referendum nel 2003 e nel 2010 in Guadalupa. In entrambe le occasioni è stata respinta dalla popolazione, una gran parte della quale la percepisce non come un passo verso una vera indipendenza ma come una ulteriore riduzione degli investimenti del governo centrale in settori come la sanità, l’istruzione e l’assistenza sociale. Insomma, l’atteggiamento verso l’autonomia, niente affatto condiviso nella società, potrebbe portare a una divisione all’interno del movimento attuale. Questa rivendicazione, e i referendum, hanno un solo obiettivo: rafforzare la legittimità dello Stato francese in questi territori.

Lo stesso si sta facendo in Nuova Caledonia, dove il terzo referendum il 12 dicembre ha segnato un alto tasso di astensione, come richiesto dalle organizzazioni pro‑indipendenza.

Il richiamo della questione dell’autonomia delle Antille da parte del governo è una manovra per indebolire il movimento di lotta. L’imperialismo francese non può permettersi di perdere posizioni strategiche importanti, punti di appoggio del suo sistema militare globale, basi militari con 1.000 soldati nelle Antille, e in particolare la base di lancio aerospaziale di Kourou in Guyana. Intorno alle Antille francesi si estende un dominio marittimo di 500.000 km².

La zona è uno scalo per il trasporto di petrolio dal Medio Oriente, dall’Africa occidentale e dal Venezuela al Nord America, e per la fornitura di ferro, bauxite e alluminio...

Per spazzar via le vestigia coloniali di questi territori e il duro sfruttamento del proletariato, l’unica via è quella della lotta di classe, dei lavoratori dei territori d’oltremare alleati con gli sfruttati e gli oppressi di Francia e altrove. Per sopravvivere al caos del sistema capitalista, l’umanità non ha altra strada e il Prometeo proletario non altra via d’uscita! Il proletariato internazionale, in un contesto di crisi economica mondiale che mina le basi del modo di produzione capitalista, ritroverà la via rivoluzionaria attraverso lotte sempre più violente, organizzandosi in sindacati di classe che guideranno scioperi e manifestazioni di rivolta in modo centralizzato e nei quali potrà esprimersi la voce del Partito Comunista Internazionale, fedele guida e portatore della coscienza proletaria ed erede di tutte le lezioni delle lotte di classe della storia!

Nonostante il silenzio dei media, che nasconde le rivendicazioni sociali dei manifestanti delle Antille, nonostante la repressione e i tribunali di classe, nonostante l’apatia del proletariato in Francia, impantanato nelle sue contraddizioni e nell’isolamento delle sue lotte locali, salutiamo il coraggio e l’ostinazione del proletariato di quelle isole che faticosamente si sta aprendo la strada verso lo ineluttabile scontro di classe.