Partito Comunista Internazionale Studi di partito sulla Cina


Ai Comunisti cinesi e del mondo intero

Sulle prospettive e sui compiti della rivoluzione cinese

(Prometeo, n.37, 15 settembre 1930)




In questi ultimi mesi, si osserva in alcune provincie del Sud della Cina un vasto movimento contadino dal punto di vista della sua estensione. Non solamente la stampa proletaria mondiale, ma anche la stampa nemica, è piena dell’eco di questa lotta. La rivoluzione cinesa tradita, distrutta, dissanguata, mostra che è vivente. Speriamo che il tempo non è lontano in cui leverà di nuovo la sua testa proletaria. Per preparavisi è necessario porre a tempo il problema della rivoluzione cinese all’ordine del giorno della classe operaia mondiale.

Noi, l’opposizione comunista internazionale di sinistra (bolscevichi-leninisti) consideriamo nostro dovere attualmente di elevare la voce allo scopo di attirare l’attenzione di tutti i comunisti, di tutti gli operai rivoluzionari d’avanguardia sui compiti della liberazione del grande paese asiatico dell’Oriente e nello stesso tempo per prevenire la falsa politica della frazione dirigente dell’Internazionale comunista che manifestamente minaccia di minare la futura rivoluzione cinese, come essa condusse alla rovina la rivoluzione del 1925-27.

I sintomi della rigenerazione della rivoluzione cinese alla campagna sono la prova della sua forza interiore e delle sue possibilità grandiose, ma il compito consiste nella trasformazione di queste possibilità nella realtà. La prima condizione del successo è la comprensione di quello che succede, cioè nella determinazione marxista delle forze in movimento, e in una valutazione giusta della tappa che la lotta ha raggiunto attualmente. Sotto questi due rapporti la direzione dell’Internazionale comunista si trova su una falsa via.


ESISTE IL GOVERNO SOVIETICO?

La stampa stalinista è piena d’informazioni su “il governo sovietista” stabilito, cosí si dice, in vaste provincie della Cina sotto la difesa dell’armata rossa. Gli operai dei differenti paesi salutano questa notizia con entusiasmo. Come potrebbe essere altrimenti?

La formazione di un governo sovietista in una parte considerevole della Cina, e i creazione di una armata rossa cinese avrebbero significato un successo gigantesco della rivoluzione mondiale. Ma noi dobbiamo dire apertamente e chiaramente: Questo non esiste ancora.

Le notizie che ci arrivano dalle immense regioni della Cina, malgrado la loro povertà ci permettono, grazie ad una comprensione marxista delle forze interne del processo che si sviluppa, di respingere con tutta sicurezza la valutazione stalinista degli avvenimenti che si svolgono come una valutazione falsa e molto pericolosa per l’ulteriore sviluppo della rivoluzione.

La storia della Cina è, di lunghi secoli, una storia di terribili rivolte dei contadini poveri e affamati. Non meno di cinque volte, durante gli ultimi duemila anni, i contadini cinesi sono riusciti a realizzare uno spezzettamento completo della proprietà fondiaria. Ogni volta questo movimento ciclico era l’espressione della stagnazione economica a delle condizioni sociali le quali non offrivano nessuno sbocco.

Ma l’integrazione della Cina alla economia mondiale ha aperto delle nuove possibilità al popolo cinese. Il capitalismo ha fatto irruzione in Cina dall’esterno. La borghesia cinese ritardataria è diventata l’intermediario fra il capitale estero e le masse del suo paese crudelmente sfruttate. Gli imperialismi esteri e la borghesia cinese combinano i metodi della sfruttamento capitalista con i metodi ereditati dal servaggio e dalla schiavitù dell’usura. L’idea principale degli stalinisti era quella di fare della borghesia cinese l’elemento dirigente della rivoluzione nazionale contro il feudalismo e l’imperialismo. La strategia politica che ne derivava ha perduto la rivoluzione. Il proletariato cinese ha pagato caro per apprendere questa verità, che la borghesia non puó e non vuole, e non potrà giammai lottare né contro il cosí detto feudalismo, poiché quest’ultimo è la parte piú importante nel sistema del suo sfruttamento, né contro l’imperialismo di cui è l’agente e sotto la cui protezione militare essa si trova.

Da quando fu evidente che il proletariato cinese, malgrado tutte le influenze contrarie dell’Internazionale comunista, cercava una via rivoluzionaria indipendente, la borghesia, con l’aiuto degli imperialismi esteri, ha schiacciato gli operai, cominciando da Shanghai. Da quando fu chiaro che l’amicizia con Mosca non era capace di paralizzare la rivolta contadina, la borghesia ha schiacciato il movimento contadino. I mesi della primavera e dell’estate del 1927 furono quelli dei più grandi crimini della borghesia cinese.

La frazione stalinista, spaventata dalle conseguenze dei suoi errori, ha cercato, alla fine del 1927, di riacquistare in un solo colpo tutto quello che aveva perduto durante diversi anni. Così fu organizzata la rivolta di Canton. I dirigenti partivano dal punto di vista che la rivoluzione andava avanzando come per il passato. In effetti lo slancio rivoluzionario si cambiava di già completamente in declino. L’eroismo dell’avanguardia proletaria di Canton non poteva distruggere le spaventose conseguenze causate dall’avventurismo dei dirigenti. La rivolta di Canton fu annegata nel sangue. La seconda rivoluzione cinese fu definitivamente schiacciata. Noi, rappresentanti dell’opposizione di sinistra internazionale, bolscevichi-leninisti, fummo, fino all’inizio gli avversari dell’entrata del partito comunista nel Kuomintang, in nome di una politica proletaria indipendente. Fino dall’inizio dello sviluppo del movimento rivoluzionario noi abbiamo domandato che gli operai prendessero nelle loro mani la direzione del sollevamenti contadini, per condurre al termine la rivoluzione agraria. Tutto questo fu respinto, i nostri compagni furono perseguitati, espulsi dall’I.C. e, nell’U.R.S.S. sono stati imprigionati ed esiliati. In nome di che cosa? Nel nome dell’alleanza con Tchang Kai-Chek.


LO SCHIACCIAMENTO DELLA RIVOLUZIONE CINESE

Dopo il colpo di Stato controrivoluzionario di Shanghai e di Wuhan, noi comunisti di sinistra, abbiamo sottolineato con perseveranza che la seconda rivoluzione cinese era terminata, che un periodo di trionfo temporaneo della contro-rivoluzione si apriva, che i tentativi di ribellione degli operai avanzati, dato lo schiacciamento e l’estenuazione delle masse, significhesebbero inevitabilmente l’ulteriore sterminio criminale delle forze rivoluzionarie. Noi abbiamo domandato il passaggio alla difensiva. Il rinforzamento delle organizzazioni illegali del partito, la partecipazione alle lotte economiche del proletariato, e la mobilizazione delle masse sulle parole d’ordine della democrazia: l’indipendenza della Cina e il diritto a disporre di loro stessi per i popoli che la compongono, l’assemblea nazionale, la confisca delle terre, la giornata di otto ore. Un tale politica doveva dare all’avanguardia comunista la possibilità di rilevarsi gradualmente dalle disfatte subite, di riprendere i collegamenti con i sindacati e con le masse disorganizzate della città e della campagna, per incontrare più tardi, bene armata, il nuovo slancio delle masse.

La frazione stalinista ha dichiarato che la nostra politica era liquidatrice, ed essa, come si è ripetuto più di una volta nella storia, ha fatto un salto dall’opportunismo all’avventurismo. Nel febbraio 1928, quando la rivoluzione cinese si trovava in completo declino, il 9° plenum del C.E. dell’I.C. ha proclamato in Cina il sollevamento armato. Il risultato di questa follia fu lo schiacciamento ulteriore degli operai, lo sterminio dei migliori rivoluzionari, la disgregazione del partito, la demoralizzazione seminata nei ranghi degli operai.

Il declino della rivoluzione e l’indebolimento temporaneo della lotta fra i militaristi, hanno creato la possibilità di una certa animazione economica nel paese. Degli scioperi scoppiarono di nuovo, ma essi si svilupparono senza il partito che, non comprendendo le circostanze, fu completamente incapace di tracciare alle masse le nuove prospettive e collegarle con le parole d’ordine democratiche del periodo transitorio.

Il risultato degli errori avventurieri ed opportunisti è che il partito cinese non conta all’ora attuale che qualche migliaio di operai. I sindacati rossi, seguendo le cifre del partito, contano approssimativamente 60.000 operai, mentre durante i mesi dell’ascesa rivoluzionaria, essi contavano approssimativamente tre milioni.

La contro-rivoluzione ebbe per gli operai delle conseguenze infinitamente piú dirette e più crudeli che per i contadini. In Cina gli operai non sono numerosi e sono concentrati nei centri industriali. Quanto ai contadini essi sono protetti, fino ad un certo punto, dalla loro moltitudine e dalla loro disseminazione su vaste distese. Le annate rivoluzionarie hanno educato alla campagna molti dirigenti locali che la contro-rivoluzione non è riuscita a sterminare. Un numero importante di operai rivoluzionari si è salvato dal militarismo dirigendosi verso la campagna, e durante l’ultima decade molte armi sono restate nascote in tutto il paese. Durante i conflitti con i poteri locali e con i distaccamenti militari, le armi riapparivano di nuovo e dei distaccamenti di partigiani rossi si creavano. Dei conflitti frequenti hanno luogo nelle armate della controrivoluzione borghese, delle volte vi sono delle ribellioni aperte. I soldati passano con le loro armi dalla parte dei contadini, delle volte a gruppi od a distaccamenti interi.


IL SOLLEVAMENTO DEI CONTADINI

È per questo che è completamente naturale che, anche dopo lo schiacciamento della rivoluzione, le ondate del movimento contadino siano continuate a svilupparsi nelle differenti provincie del paese. E oggi sì sono propagate con particolare violenza. À mano armata i contadini scacciano e sterminano i proprietari fondiari locali (nella misura che essi si trovano nella loro regione) e soprattutto la gentry e i toukiuns [signori della guerra], i rappresentanti della classe dirigente, i burocrati proprietari, gli usurai ed i kulaks. Quando gli stalinisti parlano di un governo sovietista creato dai contadini in uno spazio importante della Cina, essi dimostrano non solamente la loro leggerezza di spirito, ma oscurano e denaturano il problema fondamentale della rivoluzione cinese. La massa contadina, anche la piú rivoluzionaria, è incapace di creare un governo indipendente. Essa non puó che sostenere il governo di un’altra classe stabilita nelle città. I contadini in tutti i movimenti decisivi seguono la borghesia o il proletariato. Quello che viene chiamato il “partito contadino” può semplicemente mascherare temporaneamente questo fatto, ma non lo sopprime. I soviet sono degli organi del potere della classe operaia opposta alla borghesia. Questo significa che i contadini sono incapaci di creare con le loro proprie forze un sistema sovietista. È la stessa cosa per l’esercito. I contadini hanno creato più di una volta in Cina, in Russia e in altri paesi del distaccamenti di partigiani che si battevano con una volontà ed una tenacia ammirabili. Ma erano dei partigiani collegati a una provincia particolare, e incapaci di realizzare delle operazioni strategiche centralizzate di grande estensione. Soltanto l’egemonia del proletariato nei centri politici e industriali decisivi del paese crea le condizioni pregiudiziali indispensabili, tanto per la creazione di un esercito rosso quanto per la formazione di un sistema sovietista nelle campagne. Per colui che non comprende questo, la rivoluzione resta un libro chiuso.

Il proletariato cinese comincia solamente ad uscire dalla paralisi controrivoluzionaria.

Il movimento contadino si sviluppa attualmente in grande misura indipendentemente dal movimento operaio, secondo le sue proprie leggi ed il suo ritmo speciale. Pertanto, tutto il problema della rivoluzione cinese consiste nella combinazione politica e nel collegamento organico del sollevamento proletario con il sollevamento contadino. Colui che parla della vittoria della rivoluzione sovietista in Cina, fosse anche in qualche provincia del Sud, mentre il Nord industriale resta passivo, ignora a sua volta i problemi duplici e semplici della rivoluzione cinese, cioè il problema della collaborazione degli operai e dei contadini e quello della direzione operaia in questa collaborazione. Il largo sviluppo del sollevamento contadino puó incontestabilmente dare un impulso all‘animazione delle lotte politiche nei centri industriali. Noi contiamo fermamente su questo. Ma questo non significa in nessun modo che il risveglio rivoluzionario del proletariato conduce direttamente alla conquista del potere, o conduce semplicemente a una lotta per il potere. Il risveglio del proletariato può negli ultimi tempi rivestire il carattere di lotte parziali economiche e politiche, difensive ed offensive. Quanto tempo sarà necessario al proletariato, e prima di tutto alla sua avanguardia, per diventare capace di prendere la direzione della nazione rivoluzionaria? In tutti i casi non in qualche settimana, né in qualche mese. I comandamenti dei dirigenti burocratici non possono sostituire lo sviluppo proprio dalla classe e del suo partito.

I comunisti cinesi hanno bisogno attualmente di una politica a lunga portata. Il loro compito non consiste a gettare le loro forze nei focolai dispersi dei sollevamenti contadini, perché il loro partito, poco numeroso e debole, non potrà in nessuna maniera abbracciarli. Il dovere dei comunisti consiste a concentrare le loro forze nelle officine e nelle fabbriche, nei quartieri operai, a spiegare agli operai il senso di quello che avviene alla campagna, a rianimare gli scoraggiati e gli abbattuti, a raggrupparli per la lotta per le rivendicazioni economiche, per le parole d’ordine di democrazia e della rivoluzione agraria. È solamente su questa via, cioè attraverso il risveglio e la riorganizzazione degli operai, che il partito potrà divenire la guida del sollevamento contadino, cioè della rivoluzione nazionale nel suo assieme.

Per mantenere le illusioni dell’avventurismo, e mascherare la debolezza dell’avanguardia proletaria, gli stalinisti dicono: attualmente non si tratta che della dittatura democratica e non della dittatura proletaria.

In questo punto fondamentale l’avventurismo si serve completamente degli argomenti dell’opportunismo. Trovando insufficiente l’esperienza fatta con il Kuomintang, gli stalinisti preparano per la futura rivoluzione un nuovo metodo per addormentare ed illudere il proletariato sotto la parola della “dittatura democratica”.


LA PAROLA D’ORDINE DEI SOVIET

Quando gli operai cinesi più avanzati mettono in avanti la parola d’ordine dei soviet, vogliono dire con questo: noi vogliamo fare quello che hanno fatto gli operai russi. Ancora ieri gli stalinisti rispondevano a questo: «Impossible, voi avete il Kuomintang ed esso farà tutto quello che occorre». Oggi gli stessi capi rispondono in una maniera più evasiva: «Occorrerà creare dei soviet, non per realizzare la dittatura proletaria, ma per realizzare la dittatura democratica». Con questo si dice al proletariato che la dittatura non sarà nelle sue mani. Questo vuol dire che fino ad oggi esistono delle forze sconosciute, capaci di realizzare in Cina una dittatura rivoluzionaria. Così la formula della dittatura democratica apre le grandi porte a dei nuovi inganni per gli operai e per contadini da parte della democrazia borghese.

Per spianare la strada alla “dittatura democratica”, gli stalinisti rappresentano la contro-rivoluzione cinese, come feudale-militarista e imperialista. Per questo essi escludono dalla contro-rivoluzione la borghesia cinese, cioè essi la idealizzano come prima. Ma nei fatti, i militaristi esprimono gli interessi della borghesia cinese, inseparabili dagli interessi e dal rapporti sociali del servaggio. La borghesia cinese è in una posizione troppo ostile al popolo, troppo legata agli imperialismi esteri e teme troppo la rivoluzione per desiderare o tendere a governare nel suo proprio nome, con del metodi parlamentari.

Il regime militarista-fascista della Cina è l’espressione del carattere antinazionale e anti-rivoluzionario della borghesia cinese. La contro-rivoluzione cinese non è la contro-rivoluzione del feudali contro la società borghese: essa è la contro-rivoluzione di tutti i proprietari, cioè innanzi tutto di tutti i proprietari borghesi contro gli operai ed i contadini.

Il sollevamento proletario in Cina non puó e non potrà essere che rettilineo e diretto contro la borghesia. Il sollevamento contadino in Cina è in una misura incommensurabilmente piú grande che non lo fu in Russia, un sollevamento contro la borghesia. La classe indipendente dei proprietari fondiari in Cina è inesistente. I proprietari di terre sono del borghesi. La “gentry” e i “toukiuns”, contro i quali i sollevamenti contadini sono diretti, rappresentano gli anelli interni dello sfruttamento borghese ed imperialista. Mentre la rivoluzione di Ottobre nell’U.R.S.S., nella. sua prima tappa, opponeva tutti i contadini come classe alla classe dei proprietari fondiari (e solamente dopo diversi mesi essa inizia la guerra civile nelle campagne), in Cina ogni sollevamento contadino, fino dai suoi primi passi, è una guerra civile dei contadini poveri contro i kulaks, sarebbe a dire contro la borghesia rurale.

I contadini medi in Cina sono inesistenti. I contadini poveri formano l’80 per cento della massa contadina. È essa – è non è che essa – che svolge un compito rivoluzionario. Non si può trattare di una alleanza degli operai con tutta la massa contadina, ma solamente con i contadini poveri. Essi hanno un nemico comune: la borghesia. Nessun altro che al di fuori del proletariato può condurre i contadini poveri alla vittoria. La vittoria collettiva non può condurre ad altro regime che a quello della dittatura del proletariato. Non è che questo regime che può stabilire il sistema soviettista e creare l’armata rossa, che è l’espressione militare della dittatura del proletariato, sostenuta dai contadini poveri.

Gli stalinisti dicono che la dittatura democratica, come tappa prossima della rivoluzione si svilupperà ulteriormente nella via della dittatura del proletariato. Tale è attualmente l’insegnamento dell’I.C. non solamente per la Cina, ma per tutti i paesi d’Oriente. Essa rompe completamente con l’insegnamento di Marx sullo Stato, e con le conclusioni di Lenin sulla funzione dello Stato nella rivoluzione. La dittatura democratica, in contrasto con la dittatura proletaria, significa la dittature borghese-democratica. Il passaggio dalla dittatura borghese alla dittatura proletaria non può certamente compiersi per la via di uno sbocco pacifico. La dittatura del proletariato non può sostituirsi alla dittatura democratica, o anche fascista, che per la via di un sollevamento armato.

Lo sbocco pacifico della rivoluzione democratica in rivoluzione socialista è soltanto possibile sotto la dittatura della stessa classe, e più precisamente del proletariato. Il passaggio dagli atti democratici agli atti socialisti si è effettuato nell’Unione Soviettista sotto il regime della dittatura del proletariato. In Cina il passaggio alla tappa socialista si effettuerà ancora più rapidamente perché i compiti democratici i più elementari hanno, in Cina un carattere ancora più anticapitalista e più anti-borghese che in Russia.

Sembra che gli stalinisti abbiano ancora bisogno di un fallimento pagato con il sangue degli operai, per decidersi infine a dire: «La rivoluzione è passata a un grado più elevato dunque la parola d’ordine è la dittatura del proletariato».


VERSO LA 3ª RIVOLUZIONE CINESE

Oggi nessun può ancora dire in quale misura i riflessi della seconda rivoluzione cinese si combineranno con l’alba della terza rivoluzione cinese. Nessun può predire se i focolai dei sollevamenti contadini si manterranno interrottamente durante il periodo che l’avanguardia proletaria avrà bisogno per rinforzarsi, per ingaggiare nella battaglia la classe operaia e accordare la sua lotta per il potere, con le offensive contadine generalizzate contro i suoi nemici piú immediati.

Quello che caratterizza il movimento attuale delle campagne è la tendenza dei contadini a voler dare loro una forma sovietista – o perlomeno un nome sovietista – e a confondere i distaccamenti dei partigiani con l’armata rossa. Questo testimonia l’energia con la quale i contadini ricercano la forma politica la quale potrebbe aiutarli a liberarli dalla loro divisione e dalla loro impotenza. Su questa base i comunisti potranno costruire efficacemente.

Ma occorre prima comprendere chiaramente che nella coscienza del contadino cinese, le parole d’ordine oscure dei soviet, non significano ancora la dittatura del proletario. La massa contadina non può, in generale, pronunciarsi a priori per la dittatura del proletariato. Essa non può essere condotta che attraverso l’esperienza della lotta che dimostrerà e proverà loro che suoi compiti democratici non potranno essere risolti che dalla dittatura proletaria.

Questa è la ragione principale per cui il partito comunista cinese non può condurre il proletariato nella lotta per il potere senza partire dalle parole d’ordine democratiche.

Il movimento contadino, benché ricoperto dal nome dei soviet, resta isolato, locale e provvisorio. Non si può elevare questo movimento al livello nazionale che collegando la lotta per le terre contro il giogo delle imposte e il fardello del militarismo con le idee dell’indipendenza della Cina e della sovranità popolare.

L’espressione democratica di questo collegamento è un’assemblea con diversi poteri. Con questa parola d’ordine l’avanguardia comunista può raggruppare attorno ad essa delle larghe masse operaie, le piccoli genti oppresse delle città e le centinaia di milioni dei contadini poveri, per il sollevamento contro gli oppressori interni ed esterni.

Non si potrà iniziare la creazione dei soviet operai che durante un risveglio effettivo della rivoluzione nelle città. Quando questo avverrà, noi non lo sappiamo attualmente, noi non possiamo che prepararci. E prepararsi significa raggruppare delle forze. Oggi non lo possiamo fare che sotto la parola d’ordine di una democrazia conseguente, ardita e rivoluzionaria.

Nello stesso tempo dobbiamo spiegare agli elementi avanzati della classe operaia che l’assemblea nazionale non è che una tappa sulla via rivoluzionaria.

Noi siamo sulla via della dittatura proletaria nella forma soviettista. Noi non fermiamo più gli occhi sul fatto che questa dittatura porrà davanti ai popolo cinese i problemi economici ed internazionali più difficili. Il proletariato cinese costituisce una parte più ristretta della popolazione in Cina che il proletariato russo non costituiva alla vigilia d’Ottobre. Il capitalismo cinese è ancora più arretrato che il capitalismo russo. Ma le difficoltà saranno vinte non con delle illusioni e con una politica di avventure, non con la speranza in Tchang Kai-Chek o nella “dittatura democratica”; le difficoltà saranno vinte dalla chiaroveggenza e dalla volontà rivoluzionaria.

Il proletariato cinese va al potere, non per ristabilire la muraglia in Cina e costruire sulla sua protezione il socialismo nazionale. Conquistando il potere, il proletariato cinese conquisterà uno del punti più importanti per la rivoluzione internazionale. Non si deve considerare la sorte della Cina ne quella dell UR.S.S., al di fuori del movimento rivoluzionario del proletariato mondiale. Tale è la fonte delle speranze più vaste e la giustificazione della più grande arditezza.


IL SEGRETARIATO INTERNAZIONALE PROVVISORIO DELL’OPPOSIZIONE COMUNISTA:

Per l’Opposizione di Sinistra Russa (bolshevichi-leninisti): L.Trotsky.
Per la Lega Comunista (Opposizione) francese: A. Rosmer.
Per l’Opposizione unificata di sinistra del P.C. tedesco (bolshevichi-leninisti): K. Landau.
Per l’Opposizione comunista spagnola: Andrade, Gorkin.
Per la Lega comunista d’America: Schachtman, Abern.
Per l’Opposizione comunista (sinistra comunista austriaca): D. Karl, G. Mayer.
Per il Partito Comunista Austriaco (Opposizione): Frey.
Per il «Grupo Interno» dal P.C. Austriaco: Frank.
Per l’Opposizone di Sinistra Cecoslovacca: W. Krieger.
Per la Frazione di Sinistra italiana: Candiani.
Per la nuova Opposizione italiana: Santini, Biasco.