Partito Comunista Internazionale Dall’Archivio della Sinistra


Compagna
Organo del Partito Comunista d’Italia per la propaganda fra le donne

Anno 1 - 1922 - Roma


1 - Il saluto dell’Internazionale alle lavoratrici d’Italia, n.2
2 - La “Compagna” e “La difesa delle lavoratrici”, n.2
3 - Movimento femminile comunista nell’Europa occidentale, n.2
4 - La donna e la casa, n.2
5 - Maternità, n.2
6 - La riserva industriale. Il lavoro delle donne e dei fanciulli, n.2
7 - Piccole schiave, n.8
8 - La lotta contro la prostituzione, n.8 e 14






Il saluto dell’Internazionale alle lavoratrici d’Italia


Compagne, sorelle,

Il combattimento per la vittoria della nostra grande causa si svolge con uguale asprezza nel mondo intero. Le compagne vengono a noi in numero sempre più crеscente; con coscienza di classe esse si mettono all’opera per organizzare la lotta contro il sistema capitalista e per strappare le donne lavoratrici all’influenza dei loro nemici.

La lotta deve essere combattuta internazionalmente, giacche internazionale è le potenza della classe borghese. Le donne del proletariato oppresse e sofferenti, che le miserie della guerra e del dopoguerra hanno reso chiaroveggenti, aderiscono in tutti i paesi ai partiti rivoluzionari.

Voi dovete essere il portavoce di queste donne che si svegliano alla coscienze di classe e che incominciano a rendersi conto della loro situazione nella società capitalista. Voi dovete giungere ad esse con un giornale che esse comprendano, al quale esse parlino, che a loro si rivolga.

Il vostro giornale deve portare la luce agli incoscienti, indicare la via, lo scopo alle militanti. Il vostro giornale, che si propone di propagandare in mezzo alle donne l’idea dell’emancipazione proletaria acquisterà presto la simpatia delle masse femminili d’Italia.

Furono le madri che soffrirono maggiormente durante la guerra imperialista e che soffrono oggi per la vita cara e la disoccupazione crescente; sono esse che guardano con angoscia infinita i grandi occhi avidi, le guance scarne dei loro bimbi. Esse soffrono perché vedono con sguardo cosciente quello che i fanciulli non fanno che sentire.

La morte minaccia i fragili figli del proletariato, e le madri desolate sono nell’impossibilità di allontanarla.

Intanto i bimbi della borghesia sono circondati di cure infinite. Ad essi il migliore nutrimento, ad essi i vestiti migliori, Mentre figli del proletariato sono forzatamente abbandonati alle insidie della strada, e soffrono la fame ed il freddo, i bimbi dei ricchi, dei potenti si divertono nelle grandi case sontuose.

E la sorte dei bimbi è la sorte delle madri, come l’avvenire dei figli è l’avvenire delle madri, ecco perché le donne vengono in gran numero a noi. Esse sanno che la nostra lotta è la lotta per l’avvenire del proletariato. Se noi lottiamo e soffriamo oggi, ed anche se noi non possiamo godere dei frutti della vittoria, saranno i nostri figli che godranno di una nuova vita e della libertà. Se noi donne collaboriamo a spezzare le nostre catene, facilitiamo la via ai nostri figli.

Le donne che oltre alle cure famigliari hanno ancora il peso del lavoro professionale, che crea il profitto del capitalista, saranno le prime a comprendere il vostro appello. Il vostro giornale avrà tuttavia una lotta difficile da condurre contro i pregiudizi del passato. Nel vostro paese la chiesa è ricca di tradizioni e di influenze, l’organizzazione e la potenza del clero riesce ancora ad ingannare molte donne, sopratutto quelle del proletariato agricolo, e ad allontanarle dalla loro classe. La nostra lotta sarà perciò più lunga e difficile. Ma la grandezza del compito che voi vi siete proposto lungi dall’affaticarvi vi stimolerà ancora a nuovi sforzi.

Strappando le donne proletarie dall’influenza della chiesa e del clero voi vincerete l’avversario più funesto dello sviluppo dell’umanità. Senza le donne della classe proletaria la potenza della chiesa si riduce a nulla.

[due accapo illeggibili]

Ecco la nostra parola d’ordine: avanti per il comunismo!

 

SEGRETARIATO INTERNAZIONALE DELLE DONNE COMUNISTE






La “Compagna” e “La difesa delle lavoratrici”

Un altro giornale femminile? O on bastava la Difesa delle Lavoratrici?

Questa obiezione, che si presenterà certamente allo spirito di molte donne, e forse delle compagne stesse, merita una risposta chiara, precisa, che sgombri il terreno ogni malinteso, da ogni equivoco

Occorre prima di tutto esaminare (...) programmatiche e tattiche alle quali si (...) ispirano i due giornali, analizzare lo spirito che li informa, stabilire nettamente le differenze ed i contrasti insanabili che ci dividono profondamente sul terreno della lotta di classe.

La “Difesa delle Lavoratrici” dopo la scissione di Livorno, ha seguito le (...) le evoluzioni del Partito Socialista Italiano di cui è diretta emanazione e parte integrale. È nota la rapida trasformazione di questo partito (un tempo rivoluzionario e legato al programma massimalista intransigente di Bologna), in un Partito Socialdemocratico, equivoco, che, mentre finge di accarezzare e difendere il proletariato, si accoda alla borghesia nella speranza di raccogliere qualche briciola di potere.

Il P.S.I. (rimasto fuori dei quadri della Internazionale rossa di Mosca e tuttora aderente alla Internazionale dei traditori di Amsterdam) tenta di strappare i lavoratori dal terreno della lotta di classe, sul quale egli stesso li ha posti un giorno, per portarli sul terreno della collaborazione onde “assicurare al capitalismo il consenso pacifico della classe operaia ad un più intensificato sfruttamento”.

Ciò è enorme, assurdo, illogico: è la negazione di ogni più elementare forma di coscienza classista indispensabile al proletariato per il raggiungimento delle sue finalità di gestione collettiva della produzione e della distribuzione.

La “Difesa delle Lavoratrici” s’informa ai concetti collaborazionisti e antimarxisti del P. S. I., limitando la sua attività alla realizzazione di postulati contingenti, a tutto un lavoro di costruzione socialista nell’ambito della stesso mondo borghese; invocando il ritorno dell’autorità dello stato capitalista per la risoluzione della crisi di disoccupazione che imperversa, e per il ripristino delle libertà costituzionali: rivendicando il diritto di partecipazione alla conferenza di Genova per la sistemazione degli stati “borghesi”.

E la “Difesa” ha il toupet di affermare che tutto questo vuol dire:... “operare per il socialismo”!

A tale processo di degenerazione e di decomposizione socialista fanno contrapposto i postulati programmatici del P. Comunista e la sua tattica politicamente intransigente che tendono alla unificazione del proletariato, all’inquadramento delle energie rivoluzionarie per il conseguimento dell’obiettivo finale comune a tutta la classe lavoratrice (l’avvento del potere proletario per la gestione collettiva di produzione e di consumo); pur tenendo conto di parziali rivendicazioni di carattere contingente, che però non devono assolutamente essere considerate come fine a se stesse, ma come mezzi transitori per la preparazione alla finale e generale lotta rivoluzionaria.

II P. Comunista, rimasto fedele alla III Internazionale comunista e fautore del fronte unico sindacale, esclude in modo assoluto la collaborazione diretta e indiretta tanto con la borghesia quanto con i partiti socialdemocratici i quali, con il pretesto di infrenare gli eccessi del fascismo, tendono alla formazione di un governo forte che tuteli le conquiste della civiltà e ripristini le libertà costituzionali, preparando cosi una nuova e più violenta fase di lotta e di martirio del proletariato.

Il giornale “Compagna” s’inspira a queste linee programmatiche e chiama a raccolta le donne sinceramente rivoluzionarie le quali sentono tutta la vanità della illusione riformista, e comprendono anche come il problema femminile sia strettamente collegato all’attuale sistema capitalistico, come soltanto con la soppressione di questo potranno raggiungere la loro emancipazione.

Il Soviet è l’unica forma di governo nel quale, abolito la sfruttamento dell’uomo sull’uomo, risolta la questione economica nel senso di un’equa distribuzione della produzione collettiva, la donna può liberamente esplicare le sue attività secondo le naturali capacità ed inclinazioni e vivere la vita in tutte le sue più nobili manifestazioni.

La donna, che soffre più dell’uomo dello sfruttamento e delle miserie della società capitalistica, deve affrettare il trapasso ad un regime di giustizia e di libertà, lottando a fianco del proletariato comunista internazionale.

Donne lavoratrici!

“Сompagna” che sorge in un momento tormentoso e pieno di oscure minacce, deve avere il vostro entusiastico consenso, perché è il solo giornale di classe, del proletariato femminile d’Italia, e sarà arma sicura e potente di propaganda per l’azione rivoluzionaria.

TERESA ARACCO






Notiziario internazionale
Movimento femminile comunista nell’Europa occidentale

Resoconto dell’attività dell’Ufficio Ausiliario di Berlino presso il Segretariato Internazionale delle donne comuniste.

Sei mesi sono trascorsi da quando per de liberazione della II Conferenza Internazionale delle donne comuniste, tenutasi a Mosca, è stato creato a Berlino un organo ausiliario del Segretariato internazionale delle donne comuniste

La direzione politica del Lavoro e la iniziativa delle azioni internazionali furono riservate al Segretariato di Mosca, in contatto sempre coll’Internazionale Comunista.

I compiti dell’Ufficio di Berlino si riferirono dunque all’organizzazione ed alla tecnica. Esso raccolse, studiò e trasmise il materiale riguardante il movimento femminile delle diverse Sezioni dell’I.C.; assicurò i rapporti fra il Segretariato le Sezioni, curò l’applicazione dei deliberati delle Conferenze e dei Congressi Internazionali.

Benché modesta, l’attività del Segretariato Berlino ha contribuito in gran parte al progresso innegabile del movimento delle donne comuniste dell’Europa Occidentale ed ha ottenuto dei buoni risultati.

Un semplice sguardo basta a convincerci dell’influenza considerevole che la II conferenza di Mosca ha avuto sul movimento dei diversi paesi, influenza che non è ancora secondo noi esaurita. Il contatto personale delle delegate fra di loro, lo spettacolo della Russia rivoluzionaria hanno prodotta una efficace impressione sulle compagne venute a Mosca; di questo possiamo convincerci consultando la stampa femminile comunista: le delegate hanno compresa ed apprezzata l’opera della rivoluzione proletaria per l’emancipazione della donna, per la sua educazione ed istruzione.

Le delegate hanno preso parte attiva all’opera di soccorso agli affamati della Russia che si è svolta nei diversi paesi.

Possiamo dire che dappertutto in ogni nazione le decisioni ed i suggerimenti dell’l.C. hanno contribuito ad allargare ed approfondire la propaganda fra il proletariato femminile.

In Germania si intensificò l’opera di proselitismo fra le operaie delle fabbriche nei Sindacati.

Nella maggior parte delle Regioni industriali sono state organizzate delle serate di cultura e propaganda per le operaie comuniste e simpatizzanti. Saranno presto pubblicati opuscoli d’attualità, che interesseranno le donne in modo particolare.

In Ceco Slovacchia il movimento fin’ora diviso per nazionalità si è fuso in un solo organismo. Oltre alle tre Riviste per la propaganda fra le operaie le nostre compagne pubblicano un bollettino d’informazione politica generale.

In Austria le donne comuniste stanno creando oltre al supplemento periodico alla DIE ROTE FAHNE, di Vienna una rivista.

In Olanda si è formato un Comitato di propaganda fra le donne. La presidente di questo Comitato ha il diritto di partecipare alle riunioni del Comitato Centrale del Partito Comunista Olandese. Una prima Conferenza di donne comuniste ha votato lo scioglimento dell’Unione Rivoluzionaria delle donne socialiste, tutti i membri della quale sono passati al Partito comunista olandese. Il giornale dell’Unione è diventato organo delle donne comuniste.

Il nostro movimento si è sviluppato anche sensibilmente nei paesi ove prima della Conferenza di Mosca non esisteva che in stato embrionale, come in Francia, in Inghilterra e nel Belgio.

In Francia l’opera tenace delle nostre compagne ed in modo speciale di Lucie Colliard, membro del Segretariato internazionale, ha dato per risultato la formazione di una commissione incaricata di stabilire il programma di azione delle donne iscritte al partito comunista francese. Il Comitato Centrale del partito ha incoraggiata la costituzione di un Segretariato femminile, provvedendogli l’apparecchio tecnico che gli è necessario. In occasione del Congresso di Marsiglia si è riunita una prima conferenza delle donne comuniste; la relazione della compagna Colliard è stata approvata anche dal Congresso del Partito, il quale ha riconosciuto come necessità vitale per il movimento rivoluzionario, l’intensificazione della propaganda fra le donne. Parecchie compagne fanno parte del nuovo Comitato Esecutivo del Partito, si è incaricata Marthe Bigot di dirigere il Segretariato femminile. Un giornale di propaganda verrà presto pubblicato.

La delegata inglese alla Conferenza internazionale, compagna Nora Smith è uscita con Silvia Pankurst dal Partito Comunista. È soltanto da poco tempo perciò che il Segretariato di Berlino seppe dalla compagna Montefiore che una sezione speciale di propaganda fra le donne è stata creata nel Partito ed affidata alla direzione della campagna Crawford. Il vasto programma di azione elaborato comprende pure la pubblicazione di una rivista, quale supplemento al giornali, opuscoli ecc..

Siamo certe che se la Centrale del Partito Comunista inglese, rispondendo ai nostri desideri, assicura alla Sezione di propaganda fra le donne tutto l’aiuto di cui essa ha bisogno, un grande lavoro sarà compiuto.

Nel Belgio la compagna Kestemont ha prospettata al partito la necessità di formare una sezione speciale per la propaganda fra le donne. Ella ha insistito sulla eguaglianza nei diritti e doveri degli iscritti al Partito senza distinzione di sesso. Il programma di lavoro constata la necessità di agitare le questioni “Uguale Lavoro, uguale salario” protezione della operaia e della maternità. La compagna Kestomont appartiene al Comitato Centrale del Partito Comunista Belga. Attendiamo ora da questa iniziativa i migliori risultati.

Noi pensiamo che il movimento internazionale delle donne comuniste è in stretta correlazione nel suo sviluppo, con quello dell’Internazionale, se questo in sei mesi si è in tal modo allargato e chiarificato, se si è arricchito di molti elementi, se si è organizzato è perché uguale processo è avvenuto nell’insieme dei diversi partiti comunisti. Avvicinandosi alle masse, lavorando per il fronte unico proletario l’Internazionale deve perseverare anche nel lavoro per la conquista del proletariato femminile.

Tanto più i partiti si renderanno conto di questa necessita, tanto più rapidi saranno i progressi generali del partito comunista e del l’inquadramento internazionale delle donne nella avanguardia del proletariato militante.

HERTHA STURM - BERLINO






La donna e la casa

Sono numerosissime le proletarie, che, pur seguendo con simpatia il nostro movimento, se ne vivono completamente appartate. Esse sono convinte che il solo loro compito sia quello di badare alla casa; conseguentemente una certa sdegnosa noncuranza per tutto ciò che è all’infuori delle ristrette cerchia delle quattro mura che le circondano.

Tutte comprese della loro abilità di buone massaie che sanno serenamente superare le noie e le difficoltà che dà il governo di una casa, specialmente quando si tratta di una casa proletaria, coscienti della loro saggezza e del loro spirito di sacrificio, hanno l’orgoglio di chi è convinto di compiere interamente il proprio dovere. Difatti si fanno ingegnose per rendere cara e confortevole la casa, e (...) la loro abnegazione nel sopportare (...) della famiglia i caratteri più (...) e le umiliazioni più dure, diventa (...).

Non vi può essere una casa confortevole se in questa non vi è una donna. E chi non apprezza le capacità femminili nel governo di casa?

Ma questo non vuol dire che essa si debba fossilizzare fra le pareti domestiche.

Le donne proletarie che persistono in questo concetto, che veramente ritengono che quello sia il solo loro compito, sono in errore e si rendono colpevoli verso la loro stessa classe.

Tutti questi sconosciuti tesori, di sacrifici, di energia e di abnegazione, che esse impiegano per mantenere in piedi e salda la famiglia e la casa, sono inutili.

Lo squilibrio economico e l’imperialismo della società capitalista hanno dato origine alla più mostruosa guerra che l’umanità abbia conosciuta, forza cieca e brutale. La guerra ha dato i più poderosi colpi alla compagine famigliare, ha aperto crepe profonde che invano le donne tentano di arginare. La guerra ha generato una grande crisi, gli operai sono gettati sul lastrico, e come vivere quando la disoccupazione dura mesi e mesi, quando i pochi risparmi sono spariti?

Sono gli oggetti superflui della casa che cominciano ad andare, sono quegli oggetti comprati con sacrificio, tenuti con cura, che rendevano intima e cara la casa, che se ne vanno; e il più delle volte questi oggetti superflui sono seguiti da quelli necessari.

Le massaie credevano di aver una casa tutta loro, perché creata col lavoro, col sacrificio di ogni giorno, e per questo più amata; ma la miseria nera non perdona, neppure al sentimento.

La società capitalistica non assicura il pane ai lavoratori e di conseguenza neppure alle donne la casa è assicurata.

È la borghesia stessa, la quale predica che la casa è il regno della donna che col suo sistema atterra questo povero regno. Essa ne allontana la donna per mandarla alla fabbrica, ne allontana gli nomini per mandarli alla guerra, e colla disoccupazione ne fa mancare il pane.

Sono questi gli elementi disgregatori della famiglia e della casa contro i quali le donne dovrebbero lottare.

Non è restringendosi nel proprio egoismo che si assicura il pane, non è educando dei remissivi che ci si salva dalle guerre, non è fidando in Dio che si risolvono i problemi sociali.

La casa e la famiglia sono strettamente connesse al sistema della società capitalista, la casa va ricostrutta su altre fondamenta, per costruire queste fondamenta bisogna abbattere quelle della vecchia società borghese.

Anche le donne di casa debbono lasciare qualche volta il focolare per prendere parte alla lotta che l’esercito proletario conduce per la sua redenzione.

FELICITA FERRERO






Maternità

I sintomi di decadenza della società capitalistica non sono forse in nessun campo cosi evidenti come in quello della procreazione umana.

La società attuale non dà ai suoi membri la possibilità di mettere al mondo dei figli sani fisicamente e moralmente; essa degenererà sempre più, fino a quando il proletariato non avrà creata la società comunista.

La maternità, che dovrebbe essere considerata come una delle funzioni umane più importanti, e come tale protetta e circondata di cure dalla società, è diventata, per le donne proletarie, un vero tormento. Queste distruggono spesse volte, per necessità, il germe di vita che porterebbe nelle loro famiglie nuove miserie e nuove sofferenze.

La protezione legislativa della madre e dei bimbi è rimasta nella società attuale quasi lettera morta. Migliaia di donne lavoratrici, soccombono per mancanza di cure, nel periodo puerperale, mentre il numero dei bimbi nati morti o rachitici aumenta di giorno in giorno.

Le classi dirigenti non cercano di portare rimedio a questo stato di cose.

Mentre da una parte l’ordine attuale costringe per necessità economiche la madre ad abbandonare la casa, il focolare, per entrare nell’officina, sovvertendo cosi le antiche leggi della famiglia, esso pretende che rimangano incrollabili le basi sulle quali riposa la società borghese, l’assoluta dipendenza dei figli dai genitori.

Tutte le leggi votate dalla borghesia a favore della maternità sono fatte soltanto per ingannare il proletariato, l’assistenza che esse concedono alle madri è illusoria perché non permette loro di riposarsi e curarsi per un periodo di tempo strettamente necessario, prima e dopo il parto.

Le classi dominanti in tutti i paesi del mondo non sono disposte a sacrificare nemmeno una piccola parte dei loro profitti per la protezione dei bimbi.

Soltanto il regime comunista che eliminerà i parassiti e gli sfruttatori potrà assolvere questo compito, poiché esso solo impiegherà a tale scopo le ricchezze della società, i profitti della produzione.

Esso toglierà alle madri la preoccupazione materiale dell’allevamento dei figli, renderà le donne indipendenti economicamente, libere di esplicare le loro capacità intellettuali a beneficio della collettività.

Il primo stato proletario, lo stato Russo dei Soviety, è stato capace, malgrado enormi difficoltà, di organizzare veramente la protezione della madre. La nascita di un figlio, nella società comunista, non sarà più per la donna un avvenimento spesse volte non gradito. La donna non perderà, in seguito a questo avvenimento, la sua indipendenza materiale ed intellettuale.

La borghesia si oppone colle armi all’avvento della società comunista. Le donne proletarie, col loro spirito di sacrificio, col coraggio dell’azione, dimostrino di essere decise di combattere fino all’estremo per instaurare, mercè la dittatura della classe lavoratrice, la società nella quale la maternità sarà per la donna fonte di gioia suprema

B. B.






La riserva industriale
Il lavoro delle donne e dei fanciulli

L’introduzione della macchina portò con sé anche il lavoro delle donne e dei fanciulli, che è più economico e perciò più conveniente per il capitalista. Prima dell’introduzione della macchina ogni mestiere richiedeva una lunga preparazione ed una speciale abilità. Le macchine invece possono venir spesso manovrate da un bambino; e questa è la ragione per cui dopo la invenzione della macchina il lavoro delle donne e dei fanciulli ha trovato una cosi larga applicazione. Oltre ciò le donne e i fanciulli non possono opporre al capitalista una resistenza cosi forte come gli operai. Quelli sono più timidi, più mansueti, hanno per lo al più una fede superstiziosa nell’autorità e nei preti. Perciò il fabbricante sostituisce spesso gli uomini con delle donne e costringe i fanciulli ad esaurire le loro giovani energie per il suo profitto.

Il numero delle lavoratrici ed impiegate nel 1913 era il seguente: in Francia 6.800.000; - in Germania 9.400.000; nell’Austria-Ungheria 8.200.000; in Italia. 5.700.000; nel Belgio 930.000; negli Stati Uniti 8.000.000; nell’Inghilterra 6.000.000. In Russia il numero delle operaie crebbe sempre più. Nel 1900 il numero delle operaie costituiva il 25 per cento (cioè un quarto) di tutti gli operai ed operaie industriali; nel 1908 il 31 per cento, cioè quasi un terzo, nel 1912 il 45 per cento; in alcune industrie le donne formano la maggioranza. Nell’industria tessile p. e. nel 1918 fra 870.000 occupati vi erano 453.000 donne, cioè più della metà (il 52 per cento). Durante la guerra il numero delle operaie crebbe a dismisura. Il lavoro dei fanciulli è in voga in molte località, malgrado tutti i divieti. Nel paese capitalisticamente più progredito, l’America, il lavoro dei fanciulli è largamente diffuso.

Queste condizioni portano con sé il dissolvimento della famiglia operaia. Dove va a finire la vita di famiglia se la madre, e spesso anche, il fanciullo, debbono andare all’officina?

La donna che va a lavorare in fabbrica, che diventa un’operaia, è come l’uomo esposta a tutte le miserie della disoccupazione. Anche essa viene messa dal capitalista sul lastrico, anche essa entra nelle file della riserva industriale, anche essa può, come l’uomo, moralmente degenerare. Un fenomeno che sta in intima, relazione con, la disoccupazione dell’operaia è la prostituzione. Senza lavoro, affamata, cacciata dappertutto essa è costretta a vendere il suo corpo; ed anche quando essa trova lavoro, il salario è generalmente cosi magro che essa deve guadagnarsi il necessario per la vita colla vendita del proprio corpo. Ed il nuovo mestiere diventa col tempo abitudine. Cosi si forma la categoria delle prostitute professionali.

Nelle grandi città le prostitute sono in numero considerevole. Città come Amburgo e Londra contano diecine di migliaia di queste disgraziate. Anche esse formano una sorgente di profitto e di arricchimento per il capitale, che istituisce grandi postriboli organizzati su base capitalistica. La tratta delle bianche è diffusa in tutti i paesi.

I centri di questo commercio erano le città dell’Argentina (nell’America del Sud). Particolarmente ripugnante è la prostituzione dei fanciulli che fiorisce nelle capitali europee ed americane.

A mano a mano che nella società capitalistica vengono inventate nuove macchine più perfezionate, a mano a mano che sorgono fabbriche sempre più grandi e cresce la quantità dei prodotti, il giogo del capitale diventa sempre più pesante, la miseria della riserva e la dipendenza della classe operaia dai suoi sfruttatori sempre più grande.

Se non esistesse la proprietà privata, ma tutto fosse proprietà di tutti, il monde avrebbe un ben diverso aspetto. Gli uomini ridurrebbero semplicemente l’orario di lavoro, risparmierebbero le loro forze e si accorderebbero maggiore libertà. Ma il capitalista che introduce una nuova macchina pensa soltanto al profitto: egli non riduce l’orario di lavoro poiché in tal caso egli ridurrebbe anche il suo profitto. Nel regime capitalista la macchina non libera l’uomo ma lo asserve.

Con lo svilupparsi del capitalismo una parte sempre ma maggiore del capitale viene impiegata nell’acquisto di macchine, apparecchi, edifici, alti forni ecc., mentre per la rimunerazione degli operai viene spesa una sempre più piccola parte del capitale, In altri tempi, quando si lavorava ancora a mano, la spesa per l’attrezzatura era minima, e quasi l’intero capitale veniva impiegato nella paga degli operai. Ora avviene il contrario: la maggior parte del capitale è destinata ai mezzi, di produzione. Ciò significa che la richiesta di mano d’opera non aumenta nella misura in cui cresce il numero dei proletari. Quanto maggiore è lo sviluppo della tecnica nel regime capitalista, tanto più opprimente diventa il giogo del capitale per l’operaio al quale riesce sempre più difficile di trovare lavoro.

(Dall’A.B.C. del comunismo - Biblioteca dell’Internazionale comunista - Libreria Editrice del P.C.I. ‑ Roma)








Piccole schiave

I giornali dell’Inghilterra sollevano da qualche tempo una questione riguardante la colonia del Hong-Kong. Si è perpetuata in quest’isola l’usanza di vendere le bambine dai dieci ai dodici anni. Questa vendita viene chiamata “Min-Tsai”. Il sistema del “Min-Tsai” è un’adozione, come pretenderebbe qualcuno? È una schiavitù? I fatti, non contestati da nessuno, affermano che si tratti di schiavitù.

Nelle famiglie povere le ragazze sono vendute dai loro parenti a dei compratori che dichiarano di adottarle. Il prezzo varia dai 10 ai 15 dollari per ogni anno di età.

Vi sono due categorie di compratori: gli uni cercano delle bambine per il servizio domestico, altri per destinarle alla prostituzione; in quest’ultimo caso paga ai parenti una somma più elevata

L’usanza vuole che le bambine vendute per diventare donne di servizio non siano prostituite senza il loro consenso e quello dei genitori. Ma si constata la fragilità di un tale impegno, sopratutto quando si sa che i contratti di vendita contengono delle clausole come queste: «La ragazza potrà essere impiegata come converrà al compratore». Oppure: «Nessuna inchiesta sarà compiuta in caso di morte».

Si contano ogni anno 50.000 bambine che vengono vendute ed abbandonate al loro destino.

I difensori di tale sistema obiettano che queste ragazze sono così infelici in famiglia, che qualunque cambiamento nel loro genere di vita ne migliora la situazione. Si impiegavano già questi argomenti per giustificare la schiavitù dei negri. Noi crediamo questa usanza assolutamente condannabile. Noi pensiamo che una propaganda per la limitazione delle nascite si imporrebbe presso queste popolazioni troppo prolifiche e così miserabili. Sarebbe più morale della vendita di quelle piccole disgraziate.

Ma l’egoismo è tale che la lotta si presenta sotto un aspetto molto difficile.

Una parte dell’opinione inglese si è sollevata contro questo particolare sfruttamento coloniale. Un progetto di legge che vieta il sistema del Min-Tsai è stato presentato al Parlamento. Ma si mandano più facilmente 15.000.000 di nomini alla morte, che non si salvino delle fanciulle trattate così crudelmente, e prima che questa schiavitù sia abolita passerà ancora molto tempo.

Tutti questi orrori non si estirperanno definitivamente che con una trasformazione sociale che assicurerà la vita a tutti i bambini, di tutte le razze, e colla possibilità per tutte le donne di difendere la loro individualità dappertutto sempre.

(Da Ouvrière)






La lotta contro la prostituzione


Cause economiche

Il lavoro mal pagato, la stridente ineguaglianza della società capitalistica, l’abitudine insana delle donne di dipendere economicamente dagli uomini, di cercare un sostegno non dalla propria forza lavoro ma nella ricompensa dell’amore, in un uomo che le mantenga: questo è ciò che genera la prostituzione, è qui che noi dobbiamo ricercare le radici di questo malsano fenomeno che esiste da lungo tempo.

La rivoluzione proletaria in Russia, che demolì le basi del capitalismo, soppresse anche la dipendenza della donna dall’uomo, esistente nel passato. Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla società dei lavoratori, soltanto essi sono obbligati a lavorare per il bene comune e, in caso di bisogno, per essi provvede la collettività. La donna è protetta non più col matrimonio, ma con la sua partecipazione alla creazione della ricchezza sociale, in altre parole col suo lavoro produttivo. Le reciproche relazioni tra i sessi sono trasportate su nuove basi.

Ma le vecchie vedute e concezioni pesano ancora su di noi. Inoltre il nostro sistema economico è ancor lontano dall’essersi interamente stabilito, siamo ancora lontani dal sistema di vita comunista. Naturalmente in questo periodo di transizione la prostituzione ha ancora una base potente. Molte delle cause che la determinano non saranno in alcun modo rimosse, finché le cause fondamentali da cui essa trae origine la proprietà privata e la forma irrigidita della famiglia borghese non siano state eliminate. Ma rimangono altri numerosi fattori: la negligenza e la deficienza della protezione della fanciullezza, le misere condizioni di vita della classe lavoratrice, l’abbandono della gioventù, la bassa retribuzione del lavoro femminile, l’imperfezione del nostro apparato di approvvigionamento, la disorganizzazione generale dell’economia nazionale, e una quantità di altri fenomeni economici e sociali che danno ancora origine alla vendita della donna, alimentando così la prostituzione.


Dobbiamo combattere i disertori del lavoro

Intanto che cosa è la prostituta di professione? La prostituta di professione è una persona le cui energie lavoratrici non sono date a vantaggio del benessere collettivo, una persona che vive a spese degli altri e che riceve una parte della razione degli altri. È permesso un tale stato di cose in una Repubblica di lavoratori? Certamente no, perché esso diminuisce la provvista della forza lavoro, il numero delle braccia che lavorano per la creazione della ricchezza nazionale, dei beni sociali. Come si deve considerare la prostituta di professione dal punto di vista degli interessi dell’economia nazionale? Come una persona che diserta Il lavoro.

In tal senso noi dobbiamo condannare senza misericordia la prostituzione. Nell’interesse di un ragionato piano economico, noi dobbiamo determinare una diminuzione nel numero delle prostitute, colpire le loro manifestazioni, qualunque sia la forma in cui esse appaiono.

È tempo che noi comprendiamo come l’esistenza della prostituzione è in contraddizione con i principi fondamentali della Repubblica proletaria, nella quale ogni forma di guadagno non ottenuto col lavoro è sottoposto a persecuzione.

Chiunque non lavora, chiunque vive a spese degli altri, sul guadagno degli altri e non compie un lavoro produttivo, questi è un pericolo per la società collettiva, per la repubblica.

Ma quando noi consideriamo le prostitute e la combattiamo come elementi non produttivi della società, non dobbiamo porle in una categoria speciale. Per noi, per la repubblica, è assolutamente indifferente che la donna si venda a uno o a più uomini, che sia una prostituta di professione, che vive con cespiti diversi da quelli del proprio lavoro utile, oppure che venda le proprie carezze al un marito legale o a un compratore occasionale di piaceri femminili, la qui identità può variare di giorno in giorno. Tutte le donne che disertano il lavoro, che non prendono parte al lavoro produttivo, che non compiono nessun lavoro per i loro piccoli, sono poste allo stesso livello delle prostitute, esse debbono essere obbligate a lavorare. Noi non possiamo fare alcuna distinzione fra la prostituta e la moglie legale che vive a spese di suo marito, chiunque questi sia, fosse anche un commissario


Deve il governo dei Soviet combattere la prostituzione?

La lotta contro la prostituzione richiede innanzi tutto la lotta contro i succitati fenomeni, in altre parole richiede l’appoggio alla polizia generale del Potere dei Soviet nell’opera di rafforzamento dell’inizio del comunismo e di perfezionamento della produzione. Questo è il nostro compito principale e fondamentale.

Alcuni chiederanno: È necessario condurre in tal caso una guerra speciale contro la prostituzione? Questo doloroso fenomeno scomparirà da sé quando noi avremo rafforzato il potere del proletariato, in pieno inizio del Comunismo.

Discutere di ciò equivale ignorare l’influenza disgregatrice e funesta che la prostituzione esercita sull’intera struttura della società comunista. Già nel primo congresso Russo delle donne operaie e contadine si stabili il giusto programma: «Le cittadine libere ed uguali della Repubblica proletaria dei Soviet non possono e non devono essere oggetto di compravendita».

La prostituzione nuoce alla Russia dei lavoratori, principalmente dal punto di vista dell’interesse dell’economia nazionale del libero sviluppo delle nostre forze produttive.

Noi sappiamo che la vittoria sulla organizzazione, l’incremento dell’evoluzione della nostra industria è possibile soltanto con l’estrema utilizzazione di tutte le energie lavoratrici della Repubblica, con una completa o metodica applicazione di tutte le forze lavoratrici individuali, sia delle donne sia degli uomini.

Abbasso il lavoro improduttivo della vita domestica, lo sfruttamento delle ragazze nella casa! Avanti per il lavoro organizzato, il lavoro produttivo, il lavoro utile ai lavoratori!

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Un’altra ragione per la quale noi dobbiamo condurre immediatamente una sistematica campagna contro la prostituzione è quella della difesa della salute pubblica. La Russia dei Soviet è interessata a prevenire la disorganizzazione e lo sperpero della forza lavoratrice della popolazione, come pure la sua capacità di lavoro, dalle malattie e dalle indisposizioni. Ora la prostituzione costituisce una delle fonti delle malattie venеrеe ma non ne è naturalmente la sola. Queste malattie possono essere comunicate anche nel corso regolare della vita giornaliera, in causa delle misere condizioni famigliari. L’assenza di misure igieniche, un’insufficienza di piatti e di salviette che perciò sono adoperate in comune da parecchie persone, determinano spesso delle infezioni.

Nella tesi della Commissione interdipartimentale per la lotta contro la prostituzione, nella Commissione per il benessere sociale è detto che il compito immediato del Commissariato per la salute pubblica è quello di elaborare speciali misure per la lotta contro le infezioni veneree. Naturalmente queste misure investono tutte le cause di infezioni e non devono limitarsi a perseguitare la prostituzione, come faceva la ipocrita società borghese. Ma ciò nonostante, poiché noi riconosciamo che la diffusione dell’infezione si compie su vasta scala nel corso regolare della vita giornaliera, è assai importante dare alla popolazione una chiara nozione della funzione della prostituzione nell’estendersi delle malattie veneree. È estremamente importante svolgere una conveniente educazione sessuale fra la gioventù, fornire i giovani di informazioni precise, renderli capaci ad entrare nella vita ad occhi aperti, rifuggire dal silenzio sulle questioni relative alla vita sessuale come faceva la menzognera ed ipocrita moralità borghese. La terza ragione per cui la prostituzione è inammissibile nella repubblica proletaria del Soviet è che essa impedisce lo sviluppo e il consolidamento delle fondamentali qualità di classe del proletariato, della sua nuova moralità.

Quali sono le proprietà fondamentali della classe lavoratrice? la più potente arma morale nella sua lotta? Il sentimento di cameratismo, di solidarietà è il fondamento del comunismo. Senza questo sentimento fortemente radicato fra i lavoratori, è inconcepibile come noi potremo erigere una nuova società veramente comunista. Naturalmente è evidente che i comunisti coscienti devono aiutare con tutte le loro forze lo sviluppo di questo sentimento, e viceversa, devono combattere con tutta la loro energia contro quelle forze che impediscono lo sviluppo e il consolidamento di tali qualità e caratteristiche della classe lavoratrice.

Nella società borghese la prostituta era diffamata e perseguitata non per il fatto che essa non forniva un lavoro utile e produttivo, non perché vendeva i suoi baci (due terzi delle donne nella società borghese vendevano sé stesse al proprio marito legale), ma per l’irregolarità delle sue relazioni coniugali, per la brevità della loro durata.

La base del matrimonio nella società borghese era la sua stabilità e formalità, la sua registrazione. Questa registrazione aveva per scopo di assicurare la trasmissione della proprietà dei beni agli eredi. La mancanza di formalità, la breve durata delle relazioni fra i sessi questo era ciò che la borghesia ripudiava nelle relazioni extra-matrimoniali, ciò che veniva diffamato con disprezzo dagli ipocriti alfieri della moralità borghese. La breve durata, l’irregolarità, la libertà nelle relazioni sessuali possono essere riguardate dal punto di vista dell’umanità lavoratrice come un reato, come un atto che deve essere sottoposto a punizioni? Evidentemente no. La libertà delle relazioni sessuali non contraddice l’ideologia del Comunismo.

Gli interessi della comunità dei lavoratori non sono in alcun modo danneggiati dal fatto che il matrimonio abbia una durata breve o lunga, che la sua base sia l’amore, la passione una transitoria attrazione fisica.

L’unica cosa che è dannosa alla collettività lavoratrice, e perciò inammissibile, è l’elemento del calcolo materiale che interviene nei rapporti fra essi, tanto sotto la forma della prostituzione quanto sotto quella del matrimonio legale, la sostituzione di un gretto calcolo materialistico alla libera unione dei sessi sulla base di una reciproca attrazione.

Quali sono le conseguenze della prostituzione? Una diminuzione del sentimento di eguaglianza, di solidarietà e di cameratismo fra i sessi, in altre parole, fra le due metà della classe lavoratrice.

L’uomo che compera le carezze della donna vede in essa una comodità. Egli considera la donna come sua dipendente, cioè come une creatura di ordine inferiore, non avente uguali diritti e di non uguale valore di fronte al governo dei lavoratori.

La sua concezione di spregio verso le prostitute, le cui attenzioni egli compera materialmente, la estende a tutte le donne.

Invece di uno sviluppo del sentimento di cameratismo, di eguaglianza e di solidarietà, se la prostituzione si svilupperà ulteriormente noi avremo un rafforzamento delle condizioni di ineguaglianza fra i sessi, del sentimento di superiorità dell’uomo, della dipendenza da questi della donna; in altre parole, una diminuzione di solidarietà nell’intera classe lavoratrice.

Dal punto di vista della nuova moralità comunista, che è in via di formazione e di cristallizzazione, la prostituzione è intollerabile e pericolosa. Perciò il compito del nostro partito e della sezione femminile in particolare, deve essere quello di condurre campagna aperta, risoluta e senza misericordia contro questa eredità del passato. Nella società borghese tutti i sistemi di lotta contro la prostituzione non erano che un inutile spreco di energie, poiché le due cause fondamentali della prostituzione – resistenza della proprietà privata e la diretta dipendenza economica di una grande quantità di donne dagli uomini (padre, marito, amante) – vi erano potentemente e fermamente stabilite.

Nella repubblica proletaria queste cause sono state eliminate. La proprietà privata è stata abolita. Tutti i cittadini della Repubblica dei Soviet sono obbligati al lavoro. Il matrimonio cessa di essere per la donna il mezzo per vivere e sfuggire alla inevitabilità di lavorare e di nutrirsi col proprio lavoro. Le cause obiettive fondamentali della prostituzione nella Russia dei Soviet sono state abolite.

Cosa diverrà il matrimonio nell’avvenire o più propriamente quale forma assumeranno le relazioni fra i sessi, è molto difficile prevedere. Ma è certo che in regime comunista esulerà dalle relazioni coniugali non solo ogni calcolo materiale, ogni dipendenza della donna dall’uomo, ma anche ogni altra considerazione di convenienza che così spesso caratterizza il matrimonio d’oggi. Alla base dei rapporti coniugali c’è un salutare istinto di riproduzione, abbellito dalle attrattive di un amore felice, di un’ardente passione, soffuso di una spirituale armonia, che determina una spontanea attrazione fisiologica, che tosto si estingue.

Tutti questi fattori delle relazioni coniugali non hanno nulla di comune con la prostituzione. La prostituzione è offensiva perché un atto di violenza della donna su sé stessa determinato dalla pressione di vantaggi esterni e fortuiti; nella prostituzione non c’è posto per l’amore e per la passione, né per alcun sano istinto di riproduzione della specie. Esso è puramente un atto deliberato di calcolo materiale.

Dove entra la passione o l’attrazione, scompare la prostituzione.

In regime comunista la prostituzione passerà nell’oblio del passato insieme al sistema insano dell’attuale famiglia. Al suo posto sorgeranno delle relazioni sane, felici e libere fra i sessi. Una nuova generazione sostituirà l’antica con un sentimento sociale più sviluppato, con una maggior indipendenza reciproca, con una maggior libertà, salute e coraggio. Una generazione per la quale il benessere della collettività sarà posto al disopra di tutto.

Compagni, il nostro compito è di distruggere le radici che alimentano la prostituzione; di condurre una lotta inflessibile contro ogni vestigia di individualismo, che è stata finora la base morale del matrimonio; di determinare una rivoluzione ideologica nel campo delle relazioni matrimoniali e rischiarare la via per una nuova salutare moralità coniugale che corrisponda agli interessi della comunità lavoratrice.

ALESSANDRA KOLLONTAY