Partito Comunista Internazionale "Dall’Archivio della Sinistra"

Bilan, n. 27, gennaio 1936


QUALI SONO GLI EREDI DI LENIN, LUXEMBURG, LIEBKNECHT ?

 

Vogliamo commemorare i tre leader proletari che sono caduti nella lotta rivoluzionaria, reagendo con forza alle vergognose speculazioni che su di loro stanno emergendo nel movimento operaio.

La bancarotta del “leninismo” e il trionfo del “luxemburghismo” sono proclamati in ogni angolo della terra. «Guadate, gridano i messaggeri della nuova fede. Chi l’ha dimenticato, come la scimmia della favola, accenda la lanterna, guardi cosa è successo alla Russia sovietica, i PC che, basati su fondamenta leniniste, sono oggi degli arnesi del capitalismo. D’altra parte, Rosa Luxemburg aveva previsto e predetto questo fallimento, lei sola aveva prefigurato le posizioni necessarie per la lotta rivoluzionaria del proletariato. Torniamo al “luxemburghismo”!»

Tutto questo è evidentemente molto semplice, molto chiaro. Resta solo da dimostrare tali affermazioni, per mettere in evidenza gli elementi su cui ci si intende basare. E qui viene il difficile. Proveremo ora a dimostrarlo.

L’opuscolo di Rosa sulla rivoluzione russa del 1917 è messo in opposizione a l’opera di Lenin nell’Ottobre del 1917. Inoltre, alcuni prendono come bandiera i suoi articoli sulla “Neue Zeit” contro i metodi organizzativi e la concezione del partito di Lenin, opponendosi al “Che fare?” di quest’ultimo. Storicamente si possono contrapporre queste due concezioni come due sistemi diversi? Sì! per quelle povere menti che riducono i tempi della lotta di classe alle polemiche tra “capi” o tra gruppi. No! per dei marxisti che vedono in queste ideologie dei tentativi condizionati dallo stadio della lotta di classe nei vari paesi, per arrivare a formulare la coscienza storica e internazionalista di dati proletariati.

Povera gente che, senza paura del ridicolo, vuole opporre la lotta dei lavoratori tedeschi per la rivoluzione mondiale a quella degli operai russi e che esclama solennemente: “Il tentativo dei lavoratori russi è fallito, ma non quello del proletariato tedesco”. La storia giustamente ride di questi giudizi e arriverà un momento in cui i proletari stessi, disgustati, li spingeranno via a calci.

Neghiamo a chiunque il diritto di “giudicare” Lenin e la Luxemburg.

La loro opera non è una fredda emanazione teorica, uscita definitiva dai loro cervelli, come Minerva del cervello di Giove, ma il frutto di aspre battaglie operaie, di lavoro di decine di anni, di sacrifici senza precedenti di migliaia di proletari, dell’ascensione dolorosa delle classi proletarie verso la loro emancipazione. Cerchiamo piuttosto di capire le epoche storiche di cui sono state le luminose espressioni, i limiti oggettivi con cui i proletariati si sono confrontati, di cui hanno guidato il corso; sia per l’uno che per l’altra, quindi, dobbiamo cercare di separare l’essenziale dal contingente, il contributo dottrinale dall’ipotesi, e faremo un lavoro utile e non confusione.

Ma, in ogni cosa, si deve partire con i criteri giusti. O ci si basa sulla lotta delle classi per spiegare la dottrina; o la dottrina serve per inventare una lotta di classe di fantasia. Se Lenin è il frutto di una maturazione della lotta di classe in Russia, bisogna dimostrare che questa maturazione ha abortito nel “leninismo”, teoria rivendicata oggi dai costruttori del socialismo in un paese. È possibile? Sì! se si esamina la lotta di classe “in un solo paese”, quindi secondo un metodo anti-marxista, e se si asserisce che la rivoluzione d’Ottobre non è stata l’esplosione dei contrasti di classe internazionali nel settore più debole del mondo capitalista, ma il risultato delle condizioni arretrate della Russia, che ha fatto del “leninismo” la teoria del dominio del partito comunista “sul” proletariato, e del “luxemburghismo” la teoria del dominio democratico del proletariato nei settori più sviluppati del sistema capitalista.

Ma se ci si attiene ai criteri marxisti, che vedono nello scontro in Russia un proletariato in rapida evoluzione verso le posizioni più avanzate del socialismo occidentale, una borghesia timorosa, delle classi feudali e contadine, è possibile capire perché l’allenamento del partito bolscevico giunse attraverso un processo di selezione che esprimeva le conclusioni internazionali raggiunte dalle lotte di classe in Russia, dimostrando perentoriamente che, nella fase imperialista mondiale, il proletariato deve lottare per la rivoluzione proletaria, anche quando la rivoluzione borghese non segue il suo corso, assumendosene i compiti economici. Se il proletariato russo prese l’iniziativa della costituzione della Terza Internazionale, fu perché la sua vittoria era possibile solo sulla base di criteri internazionalisti che fecero dell’Ottobre 1917 una conquista per conto dei lavoratori di tutto il mondo.

Che le circostanze particolari della Russia siano state di grande importanza, non lo neghiamo; che, lo ammettiamo appieno, hanno impedito a Lenin di percepire correttamente alcuni problemi, come il problema delle minoranze nazionali e dei movimenti coloniali (1). Ma è questo il contributo del proletariato russo all’opera di emancipazione mondiale che commemoriamo in Lenin? Bisogna essere ciechi per credere a una cosa del genere. Dal 1903 al 1917, i lavoratori russi hanno forgiato la teoria del partito che ha permesso loro di marciare verso l’insurrezione. Questo è un evento storico che nessuna mano opportunistica può strappare.

Si dice anche che Rosa avesse ragione allora contro Lenin, avendo lui costruito una macchina che, dopo la sua morte, produsse inevitabilmente il “dittatore Stalin”. Ancora una volta, se la lotta di classe dipendesse dal partito e non quest’ultimo dalla lotta di classe, questa sciocca spiegazione sarebbe diventata una fonte di profondità. Per un Souvarine, questa visione (?) storica (??) forse basta, come sarà certamente sufficiente a tutti coloro che si proclamano “comunisti democratici” aggrappati alle formulazioni della democrazia formale, quindi borghese, che troviamo tra altre formulazioni di classe nella succitata brochure della Luxemburg.

Tuttavia, dal momento che il periodo della rivoluzione russa del 1917 non deve essere collegato ma nettamente opposto alla vittoria della burocrazia centrista, perché non provare a fare la stessa cosa tra il periodo in cui, in prigione, la Luxemburg ha scritto il suo opuscolo sulla Russia, e il periodo in cui, liberata dalla rivoluzione tedesca, scrisse il suo “Programma dello Spartakus-Bund” che rompe con i miraggi democratici e si ricongiunge al fronte dei bolscevichi, combattendo per la dittatura del proletariato. Quello che non si fa per Lenin, non si fa per Rosa. Non si vuol capire che dopo la vittoria in Russia Lenin poteva solo tradurre il grado di maturità dei lavoratori di tutto il mondo che si raggruppano attorno alla Terza Internazionale. E se questa maturità non fosse stata sufficiente per aiutare i bolscevichi a risolvere il problema più formidabile del loro secolo? È colpa del “leninismo”, ci si risponde. E se l’immaturità ideologica dei proletariati dei diversi paesi doveva permettere a Lenin di spingere per la formazione dei PC non sulla base storica verificata dal partito bolscevico, ma su una retrograda, in nome del massimo raggruppare masse per la rivoluzione mondiale; se qui risiede una delle cause della facile vittoria del centrismo, di chi quindi la responsabilità? Del "leninismo"?

Ma questo si è formato su altre basi! Allo stesso modo per Rosa, si preferisce oltraggiare la sua memoria citando il suo opuscolo sulla rivoluzione russa (dove compaiono i punti deboli della sua opera dottrinale, punti deboli che troveremo in altri scritti del periodo prebellico e che risultano dalle condizioni della lotta di classe in Germania, dove la compressione dei contrasti sociali di un giovane paese imperialista, a sua volta economicamente compresso, doveva consentire l’espressione di una corrente marxista che poteva assumere solo una forma chiara e delimitata a favore dello scatenamento di questi contrasti nelle esplosioni violente della lotta di classe) piuttosto che esaminare le condizioni storiche che pesavano su di lei e che cesseranno nel 1919.

Non è un caso che l’ammirevole figura della Luxemburg appaia in tutta la sua chiarezza nelle direttive per la rivoluzione tedesca, nel “Programma Spartakus”. A coloro che volevano la morte di Spartakus non bastarono le formulazioni democratiche espresse in precedenza da Rosa. Capirono che l’esplosione della lotta di classe aveva permesso al proletariato tedesco di intravedere la strada seguita dai bolscevichi russi, con l’applicazione degli stessi principi alle condizioni tedesche. Rosa ha il grande merito di aver posto il problema delle minoranze nazionali meglio di quelli. Il secondo Congresso dell’IC, gli ha reso un omaggio involontario modificando, su proposta dello stesso Lenin, la visione tradizionale dei bolscevichi in una formulazione più circostanziata, segnando chiaramente il dubbio e l’incertezza di Lenin e del bolscevichi.

Ma sul problema del partito, Rosa non poté dire altro rispetto a ciò che i lavoratori tedeschi sentivano prima della guerra, non riuscendo a trovare nella loro lotta di classe la forza di opporsi all’opportunismo, fenomeno mondiale e frutto della crescita imperialista, non con una frazione organica ma solo con una corrente ideologica. Possiamo basarci solo sui fenomeni posti nel reale sviluppo delle situazioni: Rosa poteva chiaramente percepire il problema nazionale nel prototipo di paese del capitalismo imperialista, ma non il problema storico del partito in assenza delle esplosioni rivoluzionarie conosciute in Russia (2).

Noi non riconosciamo quindi né il “leninismo” né il “luxemburghismo”, ma solo un metodo di indagine storica lasciato in eredità da Marx e che, in diversi periodi della lotta di classe, ha permesso a un Lenin e a una Luxemburg di sistematizzare o esprimere in un insieme di principi le lezioni apprese da queste fasi. Questi principi sono pietre miliari per avanzare e non formule vuote di contenuto, come si vorrebbe far credere collegando Lenin e il suo discorso sulla cooperazione al “socialismo in un paese”; Rosa e la sua famosa brochure della prigione, al “comunismo democratico”, anti-partito, anti-Lenin.

Non possono essere messi l’uno contro l’altra, come la lotta degli operai tedeschi del 1919 non può essere contrapposta a quella degli operai russi del 1917. La sintesi di queste correnti ugualmente orientate verso la rivoluzione mondiale deve ancora essere fatta, si sta facendo, siamone sicuri, nelle frazioni che si stanno preparando ideologicamente e praticamente per quest’ultima.

Tra Lenin e la Russia dello stakhanovismo, c’è l’abisso delle sconfitte tedesche del 1923 e cinesi del 1927, l’avvento del fascismo del marzo 1933, l’ingresso degli U.R.S.S. nella Società delle Nazioni, la corsa verso la nuova guerra imperialista in cui la Russia parteciperà nell’una o nell’altra delle costellazioni. Tra il “luxemburghismo” di Souvarine, Laurat (3), del SAP tedesc (4) e l’opera della Luxemburg, c’è il programma di Spartaco: due periodi della lotta di classe.

Un Liebknecht darà corpo a questo programma nel profondo slancio delle masse proletarie in Germania verso la rivoluzione nel 1919. Ma Liebknecht, specialmente nel periodo attuale, è rimasto un esempio glorioso, pieno di lezioni per i comunisti internazionalisti. Dimostrerà che l’isolamento è il pegno che deve essere pagato, in determinati periodi, per mantenere il diritto di conservare le posizioni attorno alle quali si stringeranno i lavoratori di domani. A rischio della sua vita devi saperti isolare dal branco. Soli, bisogna resistere. Per noi, Liebknecht, il suo esempio non è morto in un momento in cui socialisti e centristi commemorano le tre “L” preparando gli operai per l’Union Sacrée, approvando, in nome del “leninismo”, l’aggravamento dello sfruttamento dei lavoratori russi.

Lenin, Luxemburg e Liebknecht si collegano ormai alle frazioni che, contro venti e maree, lottano per forgiare il nuovo partito del proletariato, per aggiungere un puntello all’edificio dell’emancipazione proletaria: alle frazioni che, nonostante la situazione attuale, non mettono in dubbio il trionfo della rivoluzione comunista per cui lavorano il corso degli eventi e i comunisti internazionalisti. La loro bandiera, noi la riprendiamo e le masse aggiungeranno domani la loro vittoria e il contributo dottrinale scaturito dal periodo che vide affondare e tradire il primo Stato proletario, la Terza Internazionale e i P.C.
 

 



1. - La questione nazionale e coloniale nella nostra corrente sarà chiarita dopo un importante lavoro teorico negli anni Cinquanta e che culminerà, tra le altre cose, nella pubblicazione di "Fattori di razza e nazione".

2. - Una formulazione più precisa che abbiamo data è questa: il programma del partito comunista nasce completo e definitivo nel 1848; i sucessivi partiti formali tendono ad approssimarsi, nella teoria e nella tattica a questo limite; il discostarsi da questo, nei capi e nei gregari, la situazione contingente lo può spiegare, ma non giustificare.

3. - Lucien Laurat è uno dei fondatori del Partito Comunista Austriaco, vicino a Souvarine dopo il 1923.

4. - SAP: Partito Socialdemocratico Tedesco, fondato nel 1931.