Partito Comunista Internazionale La questione femminile


Compagna
Organo del Partito Comunista d’Italia per la propaganda fra le donne

Anno 1 - 1922 - Roma


2.1 - Il saluto dell’Internazionale alle lavoratrici d’Italia, n.2
2.2 - La “Compagna” e “La difesa delle lavoratrici”, n.2
2.3 - Movimento femminile comunista nell’Europa occidentale, n.2
2.4 - La donna e la casa, n.2
2.5 - Maternità, n.2
2.6 - La riserva industriale. Il lavoro delle donne e dei fanciulli, n.2
5.1 - Nella Russia Bolscevica, La Famiglia, n.5
7.1 - La donna proletaria e il regima capitalista, n.7
8.1 - Piccole schiave, n.8
8.2 - La lotta contro la prostituzione, n.8 e 14






Il saluto dell’Internazionale alle lavoratrici d’Italia


Compagne, sorelle,

Il combattimento per la vittoria della nostra grande causa si svolge con uguale asprezza nel mondo intero. Le compagne vengono a noi in numero sempre più crеscente; con coscienza di classe esse si mettono all’opera per organizzare la lotta contro il sistema capitalista e per strappare le donne lavoratrici all’influenza dei loro nemici.

La lotta deve essere combattuta internazionalmente, giacche internazionale è le potenza della classe borghese. Le donne del proletariato oppresse e sofferenti, che le miserie della guerra e del dopoguerra hanno reso chiaroveggenti, aderiscono in tutti i paesi ai partiti rivoluzionari.

Voi dovete essere il portavoce di queste donne che si svegliano alla coscienze di classe e che incominciano a rendersi conto della loro situazione nella società capitalista. Voi dovete giungere ad esse con un giornale che esse comprendano, al quale esse parlino, che a loro si rivolga.

Il vostro giornale deve portare la luce agli incoscienti, indicare la via, lo scopo alle militanti. Il vostro giornale, che si propone di propagandare in mezzo alle donne l’idea dell’emancipazione proletaria acquisterà presto la simpatia delle masse femminili d’Italia.

Furono le madri che soffrirono maggiormente durante la guerra imperialista e che soffrono oggi per la vita cara e la disoccupazione crescente; sono esse che guardano con angoscia infinita i grandi occhi avidi, le guance scarne dei loro bimbi. Esse soffrono perché vedono con sguardo cosciente quello che i fanciulli non fanno che sentire.

La morte minaccia i fragili figli del proletariato, e le madri desolate sono nell’impossibilità di allontanarla.

Intanto i bimbi della borghesia sono circondati di cure infinite. Ad essi il migliore nutrimento, ad essi i vestiti migliori, Mentre figli del proletariato sono forzatamente abbandonati alle insidie della strada, e soffrono la fame ed il freddo, i bimbi dei ricchi, dei potenti si divertono nelle grandi case sontuose.

E la sorte dei bimbi è la sorte delle madri, come l’avvenire dei figli è l’avvenire delle madri, ecco perché le donne vengono in gran numero a noi. Esse sanno che la nostra lotta è la lotta per l’avvenire del proletariato. Se noi lottiamo e soffriamo oggi, ed anche se noi non possiamo godere dei frutti della vittoria, saranno i nostri figli che godranno di una nuova vita e della libertà. Se noi donne collaboriamo a spezzare le nostre catene, facilitiamo la via ai nostri figli.

Le donne che oltre alle cure famigliari hanno ancora il peso del lavoro professionale, che crea il profitto del capitalista, saranno le prime a comprendere il vostro appello. Il vostro giornale avrà tuttavia una lotta difficile da condurre contro i pregiudizi del passato. Nel vostro paese la chiesa è ricca di tradizioni e di influenze, l’organizzazione e la potenza del clero riesce ancora ad ingannare molte donne, sopratutto quelle del proletariato agricolo, e ad allontanarle dalla loro classe. La nostra lotta sarà perciò più lunga e difficile. Ma la grandezza del compito che voi vi siete proposto lungi dall’affaticarvi vi stimolerà ancora a nuovi sforzi.

Strappando le donne proletarie dall’influenza della chiesa e del clero voi vincerete l’avversario più funesto dello sviluppo dell’umanità. Senza le donne della classe proletaria la potenza della chiesa si riduce a nulla.

Lavoratrici d’Italia! Il votro partito non diventerà grande e potente che con l’ausilio delle vostre forze. Le donne coopereranno ed aiuteranno ad organizzare il grande partito, e cone voi lo fate oggi, migliaia di proletarie vinte alla causa nostra dal vostro giornale aderiranno alla vostra causa.

Allora, né le bande degli assassini illegali, dei fascisti, né quelle degli assassini legali del governo borghese saranno abbastanza forti per impdirvidi proseguire avanti, sempe avanti.

Ecco la nostra parola d’ordine: avanti per il comunismo!

 

SEGRETARIATO INTERNAZIONALE DELLE DONNE COMUNISTE






La “Compagna” e “La difesa delle lavoratrici”

Un altro giornale femminile? O on bastava la Difesa delle Lavoratrici?

Questa obiezione, che si presenterà certamente allo spirito di molte donne, e forse delle compagne stesse, merita una risposta chiara, precisa, che sgombri il terreno ogni malinteso, da ogni equivoco

Occorre prima di tutto esaminare le linee programmatiche e tattiche alle quali si ispirano i due giornali, analizzare lo spirito che li informa, stabilire nettamente le differenze ed i contrasti insanabili che ci dividono profondamente sul terreno della lotta di classe.

La “Difesa delle Lavoratrici” dopo la scissione di Livorno, ha seguito le sorti e le evoluzioni del Partito Socialista Italiano di cui è diretta emanazione e parte integrale. È nota la rapida trasformazione di questo partito (un tempo rivoluzionario e legato al programma massimalista intransigente di Bologna), in un Partito Socialdemocratico, equivoco, che, mentre finge di accarezzare e difendere il proletariato, si accoda alla borghesia nella speranza di raccogliere qualche briciola di potere.

Il P.S.I. (rimasto fuori dei quadri della Internazionale rossa di Mosca e tuttora aderente alla Internazionale dei traditori di Amsterdam) tenta di strappare i lavoratori dal terreno della lotta di classe, sul quale egli stesso li ha posti un giorno, per portarli sul terreno della collaborazione onde “assicurare al capitalismo il consenso pacifico della classe operaia ad un più intensificato sfruttamento”.

Ciò è enorme, assurdo, illogico: è la negazione di ogni più elementare forma di coscienza classista indispensabile al proletariato per il raggiungimento delle sue finalità di gestione collettiva della produzione e della distribuzione.

La “Difesa delle Lavoratrici” s’informa ai concetti collaborazionisti e antimarxisti del P.S.I., limitando la sua attività alla realizzazione di postulati contingenti, a tutto un lavoro di costruzione socialista nell’ambito della stesso mondo borghese; invocando il ritorno dell’autorità dello stato capitalista per la risoluzione della crisi di disoccupazione che imperversa, e per il ripristino delle libertà costituzionali: rivendicando il diritto di partecipazione alla conferenza di Genova per la sistemazione degli stati “borghesi”.

E la “Difesa” ha il toupet di affermare che tutto questo vuol dire:... “operare per il socialismo”!

A tale processo di degenerazione e di decomposizione socialista fanno contrapposto i postulati programmatici del P. Comunista e la sua tattica politicamente intransigente che tendono alla unificazione del proletariato, all’inquadramento delle energie rivoluzionarie per il conseguimento dell’obiettivo finale comune a tutta la classe lavoratrice (l’avvento del potere proletario per la gestione collettiva di produzione e di consumo); pur tenendo conto di parziali rivendicazioni di carattere contingente, che però non devono assolutamente essere considerate come fine a se stesse, ma come mezzi transitori per la preparazione alla finale e generale lotta rivoluzionaria.

II P. Comunista, rimasto fedele alla III Internazionale comunista e fautore del fronte unico sindacale, esclude in modo assoluto la collaborazione diretta e indiretta tanto con la borghesia quanto con i partiti socialdemocratici i quali, con il pretesto di infrenare gli eccessi del fascismo, tendono alla formazione di un governo forte che tuteli le conquiste della civiltà e ripristini le libertà costituzionali, preparando cosi una nuova e più violenta fase di lotta e di martirio del proletariato.

Il giornale “Compagna” s’inspira a queste linee programmatiche e chiama a raccolta le donne sinceramente rivoluzionarie le quali sentono tutta la vanità della illusione riformista, e comprendono anche come il problema femminile sia strettamente collegato all’attuale sistema capitalistico, come soltanto con la soppressione di questo potranno raggiungere la loro emancipazione.

Il Soviet è l’unica forma di governo nel quale, abolito la sfruttamento dell’uomo sull’uomo, risolta la questione economica nel senso di un’equa distribuzione della produzione collettiva, la donna può liberamente esplicare le sue attività secondo le naturali capacità ed inclinazioni e vivere la vita in tutte le sue più nobili manifestazioni.

La donna, che soffre più dell’uomo dello sfruttamento e delle miserie della società capitalistica, deve affrettare il trapasso ad un regime di giustizia e di libertà, lottando a fianco del proletariato comunista internazionale.

Donne lavoratrici!

“Сompagna” che sorge in un momento tormentoso e pieno di oscure minacce, deve avere il vostro entusiastico consenso, perché è il solo giornale di classe, del proletariato femminile d’Italia, e sarà arma sicura e potente di propaganda per l’azione rivoluzionaria.

TERESA ARACCO






Notiziario internazionale
Movimento femminile comunista nell’Europa occidentale

Resoconto dell’attività dell’Ufficio Ausiliario di Berlino presso il Segretariato Internazionale delle donne comuniste.

Sei mesi sono trascorsi da quando per de liberazione della II Conferenza Internazionale delle donne comuniste, tenutasi a Mosca, è stato creato a Berlino un organo ausiliario del Segretariato internazionale delle donne comuniste

La direzione politica del Lavoro e la iniziativa delle azioni internazionali furono riservate al Segretariato di Mosca, in contatto sempre coll’Internazionale Comunista.

I compiti dell’Ufficio di Berlino si riferirono dunque all’organizzazione ed alla tecnica. Esso raccolse, studiò e trasmise il materiale riguardante il movimento femminile delle diverse Sezioni dell’I.C.; assicurò i rapporti fra il Segretariato le Sezioni, curò l’applicazione dei deliberati delle Conferenze e dei Congressi Internazionali.

Benché modesta, l’attività del Segretariato Berlino ha contribuito in gran parte al progresso innegabile del movimento delle donne comuniste dell’Europa Occidentale ed ha ottenuto dei buoni risultati.

Un semplice sguardo basta a convincerci dell’influenza considerevole che la II conferenza di Mosca ha avuto sul movimento dei diversi paesi, influenza che non è ancora secondo noi esaurita. Il contatto personale delle delegate fra di loro, lo spettacolo della Russia rivoluzionaria hanno prodotta una efficace impressione sulle compagne venute a Mosca; di questo possiamo convincerci consultando la stampa femminile comunista: le delegate hanno compresa ed apprezzata l’opera della rivoluzione proletaria per l’emancipazione della donna, per la sua educazione ed istruzione.

Le delegate hanno preso parte attiva all’opera di soccorso agli affamati della Russia che si è svolta nei diversi paesi.

Possiamo dire che dappertutto in ogni nazione le decisioni ed i suggerimenti dell’l.C. hanno contribuito ad allargare ed approfondire la propaganda fra il proletariato femminile.

In Germania si intensificò l’opera di proselitismo fra le operaie delle fabbriche nei Sindacati.

Nella maggior parte delle Regioni industriali sono state organizzate delle serate di cultura e propaganda per le operaie comuniste e simpatizzanti. Saranno presto pubblicati opuscoli d’attualità, che interesseranno le donne in modo particolare.

In Ceco Slovacchia il movimento fin’ora diviso per nazionalità si è fuso in un solo organismo. Oltre alle tre Riviste per la propaganda fra le operaie le nostre compagne pubblicano un bollettino d’informazione politica generale.

In Austria le donne comuniste stanno creando oltre al supplemento periodico alla DIE ROTE FAHNE, di Vienna una rivista.

In Olanda si è formato un Comitato di propaganda fra le donne. La presidente di questo Comitato ha il diritto di partecipare alle riunioni del Comitato Centrale del Partito Comunista Olandese. Una prima Conferenza di donne comuniste ha votato lo scioglimento dell’Unione Rivoluzionaria delle donne socialiste, tutti i membri della quale sono passati al Partito comunista olandese. Il giornale dell’Unione è diventato organo delle donne comuniste.

Il nostro movimento si è sviluppato anche sensibilmente nei paesi ove prima della Conferenza di Mosca non esisteva che in stato embrionale, come in Francia, in Inghilterra e nel Belgio.

In Francia l’opera tenace delle nostre compagne ed in modo speciale di Lucie Colliard, membro del Segretariato internazionale, ha dato per risultato la formazione di una commissione incaricata di stabilire il programma di azione delle donne iscritte al partito comunista francese. Il Comitato Centrale del partito ha incoraggiata la costituzione di un Segretariato femminile, provvedendogli l’apparecchio tecnico che gli è necessario. In occasione del Congresso di Marsiglia si è riunita una prima conferenza delle donne comuniste; la relazione della compagna Colliard è stata approvata anche dal Congresso del Partito, il quale ha riconosciuto come necessità vitale per il movimento rivoluzionario, l’intensificazione della propaganda fra le donne. Parecchie compagne fanno parte del nuovo Comitato Esecutivo del Partito, si è incaricata Marthe Bigot di dirigere il Segretariato femminile. Un giornale di propaganda verrà presto pubblicato.

La delegata inglese alla Conferenza internazionale, compagna Nora Smith è uscita con Silvia Pankurst dal Partito Comunista. È soltanto da poco tempo perciò che il Segretariato di Berlino seppe dalla compagna Montefiore che una sezione speciale di propaganda fra le donne è stata creata nel Partito ed affidata alla direzione della campagna Crawford. Il vasto programma di azione elaborato comprende pure la pubblicazione di una rivista, quale supplemento al giornali, opuscoli ecc..

Siamo certe che se la Centrale del Partito Comunista inglese, rispondendo ai nostri desideri, assicura alla Sezione di propaganda fra le donne tutto l’aiuto di cui essa ha bisogno, un grande lavoro sarà compiuto.

Nel Belgio la compagna Kestemont ha prospettata al partito la necessità di formare una sezione speciale per la propaganda fra le donne. Ella ha insistito sulla eguaglianza nei diritti e doveri degli iscritti al Partito senza distinzione di sesso. Il programma di lavoro constata la necessità di agitare le questioni “Uguale Lavoro, uguale salario” protezione della operaia e della maternità. La compagna Kestomont appartiene al Comitato Centrale del Partito Comunista Belga. Attendiamo ora da questa iniziativa i migliori risultati.

Noi pensiamo che il movimento internazionale delle donne comuniste è in stretta correlazione nel suo sviluppo, con quello dell’Internazionale, se questo in sei mesi si è in tal modo allargato e chiarificato, se si è arricchito di molti elementi, se si è organizzato è perché uguale processo è avvenuto nell’insieme dei diversi partiti comunisti. Avvicinandosi alle masse, lavorando per il fronte unico proletario l’Internazionale deve perseverare anche nel lavoro per la conquista del proletariato femminile.

Tanto più i partiti si renderanno conto di questa necessita, tanto più rapidi saranno i progressi generali del partito comunista e del l’inquadramento internazionale delle donne nella avanguardia del proletariato militante.

HERTHA STURM - BERLINO






La donna e la casa

Sono numerosissime le proletarie, che, pur seguendo con simpatia il nostro movimento, se ne vivono completamente appartate. Esse sono convinte che il solo loro compito sia quello di badare alla casa; conseguentemente una certa sdegnosa noncuranza per tutto ciò che è all’infuori delle ristrette cerchia delle quattro mura che le circondano.

Tutte comprese della loro abilità di buone massaie che sanno serenamente superare le noie e le difficoltà che dà il governo di una casa, specialmente quando si tratta di una casa proletaria, coscienti della loro saggezza e del loro spirito di sacrificio, hanno l’orgoglio di chi è convinto di compiere interamente il proprio dovere. Difatti si fanno ingegnose per rendere cara e confortevole la casa, e (...) la loro abnegazione nel sopportare (...) della famiglia i caratteri più (...) e le umiliazioni più dure, diventa (...).

Non vi può essere una casa confortevole se in questa non vi è una donna. E chi non apprezza le capacità femminili nel governo di casa?

Ma questo non vuol dire che essa si debba fossilizzare fra le pareti domestiche.

Le donne proletarie che persistono in questo concetto, che veramente ritengono che quello sia il solo loro compito, sono in errore e si rendono colpevoli verso la loro stessa classe.

Tutti questi sconosciuti tesori, di sacrifici, di energia e di abnegazione, che esse impiegano per mantenere in piedi e salda la famiglia e la casa, sono inutili.

Lo squilibrio economico e l’imperialismo della società capitalista hanno dato origine alla più mostruosa guerra che l’umanità abbia conosciuta, forza cieca e brutale. La guerra ha dato i più poderosi colpi alla compagine famigliare, ha aperto crepe profonde che invano le donne tentano di arginare. La guerra ha generato una grande crisi, gli operai sono gettati sul lastrico, e come vivere quando la disoccupazione dura mesi e mesi, quando i pochi risparmi sono spariti?

Sono gli oggetti superflui della casa che cominciano ad andare, sono quegli oggetti comprati con sacrificio, tenuti con cura, che rendevano intima e cara la casa, che se ne vanno; e il più delle volte questi oggetti superflui sono seguiti da quelli necessari.

Le massaie credevano di aver una casa tutta loro, perché creata col lavoro, col sacrificio di ogni giorno, e per questo più amata; ma la miseria nera non perdona, neppure al sentimento.

La società capitalistica non assicura il pane ai lavoratori e di conseguenza neppure alle donne la casa è assicurata.

È la borghesia stessa, la quale predica che la casa è il regno della donna che col suo sistema atterra questo povero regno. Essa ne allontana la donna per mandarla alla fabbrica, ne allontana gli nomini per mandarli alla guerra, e colla disoccupazione ne fa mancare il pane.

Sono questi gli elementi disgregatori della famiglia e della casa contro i quali le donne dovrebbero lottare.

Non è restringendosi nel proprio egoismo che si assicura il pane, non è educando dei remissivi che ci si salva dalle guerre, non è fidando in Dio che si risolvono i problemi sociali.

La casa e la famiglia sono strettamente connesse al sistema della società capitalista, la casa va ricostrutta su altre fondamenta, per costruire queste fondamenta bisogna abbattere quelle della vecchia società borghese.

Anche le donne di casa debbono lasciare qualche volta il focolare per prendere parte alla lotta che l’esercito proletario conduce per la sua redenzione.

FELICITA FERRERO






Maternità

I sintomi di decadenza della società capitalistica non sono forse in nessun campo cosi evidenti come in quello della procreazione umana.

La società attuale non dà ai suoi membri la possibilità di mettere al mondo dei figli sani fisicamente e moralmente; essa degenererà sempre più, fino a quando il proletariato non avrà creata la società comunista.

La maternità, che dovrebbe essere considerata come una delle funzioni umane più importanti, e come tale protetta e circondata di cure dalla società, è diventata, per le donne proletarie, un vero tormento. Queste distruggono spesse volte, per necessità, il germe di vita che porterebbe nelle loro famiglie nuove miserie e nuove sofferenze.

La protezione legislativa della madre e dei bimbi è rimasta nella società attuale quasi lettera morta. Migliaia di donne lavoratrici, soccombono per mancanza di cure, nel periodo puerperale, mentre il numero dei bimbi nati morti o rachitici aumenta di giorno in giorno.

Le classi dirigenti non cercano di portare rimedio a questo stato di cose.

Mentre da una parte l’ordine attuale costringe per necessità economiche la madre ad abbandonare la casa, il focolare, per entrare nell’officina, sovvertendo cosi le antiche leggi della famiglia, esso pretende che rimangano incrollabili le basi sulle quali riposa la società borghese, l’assoluta dipendenza dei figli dai genitori.

Tutte le leggi votate dalla borghesia a favore della maternità sono fatte soltanto per ingannare il proletariato, l’assistenza che esse concedono alle madri è illusoria perché non permette loro di riposarsi e curarsi per un periodo di tempo strettamente necessario, prima e dopo il parto.

Le classi dominanti in tutti i paesi del mondo non sono disposte a sacrificare nemmeno una piccola parte dei loro profitti per la protezione dei bimbi.

Soltanto il regime comunista che eliminerà i parassiti e gli sfruttatori potrà assolvere questo compito, poiché esso solo impiegherà a tale scopo le ricchezze della società, i profitti della produzione.

Esso toglierà alle madri la preoccupazione materiale dell’allevamento dei figli, renderà le donne indipendenti economicamente, libere di esplicare le loro capacità intellettuali a beneficio della collettività.

Il primo stato proletario, lo stato Russo dei Soviety, è stato capace, malgrado enormi difficoltà, di organizzare veramente la protezione della madre. La nascita di un figlio, nella società comunista, non sarà più per la donna un avvenimento spesse volte non gradito. La donna non perderà, in seguito a questo avvenimento, la sua indipendenza materiale ed intellettuale.

La borghesia si oppone colle armi all’avvento della società comunista. Le donne proletarie, col loro spirito di sacrificio, col coraggio dell’azione, dimostrino di essere decise di combattere fino all’estremo per instaurare, mercè la dittatura della classe lavoratrice, la società nella quale la maternità sarà per la donna fonte di gioia suprema

B. B.






La riserva industriale
Il lavoro delle donne e dei fanciulli

L’introduzione della macchina portò con sé anche il lavoro delle donne e dei fanciulli, che è più economico e perciò più conveniente per il capitalista. Prima dell’introduzione della macchina ogni mestiere richiedeva una lunga preparazione ed una speciale abilità. Le macchine invece possono venir spesso manovrate da un bambino; e questa è la ragione per cui dopo la invenzione della macchina il lavoro delle donne e dei fanciulli ha trovato una cosi larga applicazione. Oltre ciò le donne e i fanciulli non possono opporre al capitalista una resistenza cosi forte come gli operai. Quelli sono più timidi, più mansueti, hanno per lo al più una fede superstiziosa nell’autorità e nei preti. Perciò il fabbricante sostituisce spesso gli uomini con delle donne e costringe i fanciulli ad esaurire le loro giovani energie per il suo profitto.

Il numero delle lavoratrici ed impiegate nel 1913 era il seguente: in Francia 6.800.000; - in Germania 9.400.000; nell’Austria-Ungheria 8.200.000; in Italia. 5.700.000; nel Belgio 930.000; negli Stati Uniti 8.000.000; nell’Inghilterra 6.000.000. In Russia il numero delle operaie crebbe sempre più. Nel 1900 il numero delle operaie costituiva il 25 per cento (cioè un quarto) di tutti gli operai ed operaie industriali; nel 1908 il 31 per cento, cioè quasi un terzo, nel 1912 il 45 per cento; in alcune industrie le donne formano la maggioranza. Nell’industria tessile p. e. nel 1918 fra 870.000 occupati vi erano 453.000 donne, cioè più della metà (il 52 per cento). Durante la guerra il numero delle operaie crebbe a dismisura. Il lavoro dei fanciulli è in voga in molte località, malgrado tutti i divieti. Nel paese capitalisticamente più progredito, l’America, il lavoro dei fanciulli è largamente diffuso.

Queste condizioni portano con sé il dissolvimento della famiglia operaia. Dove va a finire la vita di famiglia se la madre, e spesso anche, il fanciullo, debbono andare all’officina?

La donna che va a lavorare in fabbrica, che diventa un’operaia, è come l’uomo esposta a tutte le miserie della disoccupazione. Anche essa viene messa dal capitalista sul lastrico, anche essa entra nelle file della riserva industriale, anche essa può, come l’uomo, moralmente degenerare. Un fenomeno che sta in intima, relazione con, la disoccupazione dell’operaia è la prostituzione. Senza lavoro, affamata, cacciata dappertutto essa è costretta a vendere il suo corpo; ed anche quando essa trova lavoro, il salario è generalmente cosi magro che essa deve guadagnarsi il necessario per la vita colla vendita del proprio corpo. Ed il nuovo mestiere diventa col tempo abitudine. Cosi si forma la categoria delle prostitute professionali.

Nelle grandi città le prostitute sono in numero considerevole. Città come Amburgo e Londra contano diecine di migliaia di queste disgraziate. Anche esse formano una sorgente di profitto e di arricchimento per il capitale, che istituisce grandi postriboli organizzati su base capitalistica. La tratta delle bianche è diffusa in tutti i paesi.

I centri di questo commercio erano le città dell’Argentina (nell’America del Sud). Particolarmente ripugnante è la prostituzione dei fanciulli che fiorisce nelle capitali europee ed americane.

A mano a mano che nella società capitalistica vengono inventate nuove macchine più perfezionate, a mano a mano che sorgono fabbriche sempre più grandi e cresce la quantità dei prodotti, il giogo del capitale diventa sempre più pesante, la miseria della riserva e la dipendenza della classe operaia dai suoi sfruttatori sempre più grande.

Se non esistesse la proprietà privata, ma tutto fosse proprietà di tutti, il monde avrebbe un ben diverso aspetto. Gli uomini ridurrebbero semplicemente l’orario di lavoro, risparmierebbero le loro forze e si accorderebbero maggiore libertà. Ma il capitalista che introduce una nuova macchina pensa soltanto al profitto: egli non riduce l’orario di lavoro poiché in tal caso egli ridurrebbe anche il suo profitto. Nel regime capitalista la macchina non libera l’uomo ma lo asserve.

Con lo svilupparsi del capitalismo una parte sempre ma maggiore del capitale viene impiegata nell’acquisto di macchine, apparecchi, edifici, alti forni ecc., mentre per la rimunerazione degli operai viene spesa una sempre più piccola parte del capitale, In altri tempi, quando si lavorava ancora a mano, la spesa per l’attrezzatura era minima, e quasi l’intero capitale veniva impiegato nella paga degli operai. Ora avviene il contrario: la maggior parte del capitale è destinata ai mezzi, di produzione. Ciò significa che la richiesta di mano d’opera non aumenta nella misura in cui cresce il numero dei proletari. Quanto maggiore è lo sviluppo della tecnica nel regime capitalista, tanto più opprimente diventa il giogo del capitale per l’operaio al quale riesce sempre più difficile di trovare lavoro.

(Dall’A.B.C. del comunismo - Biblioteca dell’Internazionale comunista - Libreria Editrice del P.C.I. ‑ Roma)








Nella Russia Bolscevica, La Famiglia

Una delle leggende più diffuse sull’opera dei comunisti russi è quella creata intorno alla pretesa distruzione della famiglia, tale leggenda, nata ai primi del 1918, quando i Soviety della Russia iniziavano coraggiosamente a sostituzione delle vecchie abitudini e delle antiche leggi borghesi, fece strillare più di un oca occidentale. Invero questa nostra gente impegolata nei pregiudizi di una religione esteriore non ha dato mai prove sufficienti di saper difendere l’istituto famigliare.

E’ certo che la famiglia, così come è oggi costituita, è un istituto illogico ed imperfetto. E’ certo che in un domani più o meno lontano esso muterà il suo carattere attuale. Ma noi, gradualisti in senso marxistico, non possiamo con una legge modificarne totalmente la struttura.

Nella prefazione al Primo Codice di Leggi della Repubblica Russa socialista federale e dei Soviety il compagno Alessandro Hoichbarg, redattore capo dell’Ufficio delle leggi, avverte che il governo proletario che instaura il socialismo non intende fare delle leggi qual che cosa di stabile, per una lunga durata; non vuol creare codici eterni, o che debbano sussistere attraverso i secoli; non vuole imitare la borghesia che tende a consolidare la sua autorità con l’aiuto di codici eterni che in realtà sono sorpassati (come per es. il codice prussiano dal 1794 al 1900), o continuano a sussistere per più di un secolo (come il codice francese del 1804 o austriaco del 1811).

Il governo proletario costruisce i suoi codici, come tutte le sue leggi, in forma dialettica; in forma tale che ogni giorno della loro esistenza abolisce la necessità della loro esistenza, in quanto che lo Stato pone quale scopo delle sue leggi il renderle inutili, a somiglianza del filosofo Fichte che poneva lo scopo d’ogni governo nel render questo inutile. Infatti, ad es., la costituzione dei Soviety, basata sui principii dell’unità del potere politico, della dittatura politica del proletariato, è stabilita in tal maniera che ogni giorno della sua esistenza, ogni giorno della sua applicazione, infrangendosi la resistenza e l’organizzazione delle classi degli antichi oppressori e concentrandosi l’antica classe oppressa, organizzando la vita economica secondo i principii socialisti diminuisce la necessità di una unità del potere coercitivo del proletariato, ed in generale, di un potere politico. Nello stesso modo tutte le altre leggi e codici di leggi proletarie debbono essere fatte in tal maniera che ogni giorno della loro esistenza diminuisce il tempo necessario al trapasso dalla vecchia organizzazione a quella sociale e che in tal modo ogni giorno della loro esistenza, corroda energicamente la loro stessa esistenza.

Tale principio della gradualità fu fissato nel Manifesto dei comunisti là dove questo avverte che il proletariato arrivato al potere, può, nei paesi più avanzati, prendere una serie di misure che portano al socialismo. E tale principio si differenzia, fra gli altri, dalla teoria anarchica che fa coincidere l’atto della presa di possesso del potere con l’espropriazione dei privilegi borghesi e con la trasformazione del regime statale e dei rapporti individuali e morali.

Cosicché in Russia il problema della famiglia non è stato risolto ma è stato avviato verso la via della soluzione.

Esaminiamo particolarmente le nuove norme adottate nel diritto matrimoniale. L’età per contrarre matrimonio è, in Russia, per le donne 16 anni e per gli uomini 18 anni. Coloro che desiderano contrarre matrimonio ne fanno dichiarazione verbale o scritta alla Sezione del registro degli atti di Stato civile del luogo ove essi hanno domicilio. Tale dichiarazione deve essere accompagnata da un certificato d’identificazione personale dei futuri sроsі da una dichiarazione scritta dalle parti ch’essi contraggono matrimonio per libero consentimento. Il pubblico ufficiale dopo aver steso l’atto di matrimonio sull’apposito registro ne dà lettura alle parti e dichiara il matrimonio concluso in virtù della legge. Come vedesi tale procedura è assai libera e sollecita. Vi sono, naturalmente, alcuni casi di nullità del matrimonio. Esso è nullo se contratto fra sposi che non avevano l’età consentita; ma se da tale matrimonio è nato un figlio, ovvero se la donna è incinta, l’eccezione di nullità non ha più ragion d’essere ed il matrimonio è valido. Non si può, infatti, sciogliere un legame dal quale già derivarono o sono per derivarne le responsabilità dell’allevamento dei figli.

Il matrimonio è nullo allorché uno degli sposi è legato ad altro matrimonio valido e non disciolto dalla morte d’uno dei coniugi o dal divorzio; oppure quando esso fu contratto senza il libero consentimento d’uno degli sposi o quando questo fu dato in stato d’ incoscienza. Esso è sciolto, oltre che per la morte d’uno degli sposi, in seguito a divorzio. La domanda di divorzio può essere fatta verbalmente o per iscritto da uno degli sposi, al tribunale del luogo ove risiedono gli sposi, se la domanda è avanzata da ambedue, oppure al tribunale del luogo ove risiede il coniuge che l’avanza.

Le domande di divorzio sono giudicate dal giudice locale in seduta pubblica e senza avvocati. Gli sposi hanno un nome di famiglia comune che può essere tanto quello del marito quanto quello della moglie, secondo apposita scelta da essi fatta e dichiarata all’atto di celebrazione del matrimonio. Se gli sposi appartengono a diversa nazionalità, il cambiamento di nazionalità non può aver luogo se non a richiesta del fidanzato o della fidanzata. Il cambiamento di domicilio d’un coniuge non obbliga l’altro a seguirlo. Il matrimonio non porta di conseguenza la comunione dei beni fra gli sposi. Ma lo sposo bisognoso od invalido ha il diritto di domandare gli alimenti all’altro sposo se questo è in stato di dargli assistenza.

Non vi è alcuna differenza tra figli naturali e legittimi: il fondamento della famiglia è la filiazione effettiva. Il diritto di provare la filiazione effettiva del fanciullo appartiene alle persone interessate, specie alla madre. Se questa è sposa, il padre del fanciullo è colui che al momento della concezione era suo marito. Se essa non è sposa, deve, non più tardi di tre mesi innanzi la nascita del figlio, fare una dichiarazione alla Sezione del registro degli atti di Stato civile, indicante l’epoca della concezione, il nome ed il domicilio del padre del fanciullo. Eguale dichiarazione deve fare la donna maritata se il figlio nato non ha per padre il suo legittimo consorte. Se la madre, all’epoca della concezione, era in rapporti intimi con più uomini, questi sono chiamati in solido a rispondere delle spese causate dalla gravidanza, dal parto, dal mantenimento del fanciullo. I figli di genitori non uniti in matrimonio possono portare il nome del padre, della madre o i due nomi insieme. I genitori esercitano i loro diritti sui figli maschi fino a quando questi abbiano compiuto i 18 anni, e sulle femmine fino a quando esse abbiano compiuto i 16 anni. I diritti dei genitori sono esercitati esclusivamente nell’interesse dei figli e in caso di esercizio ingiusto il tribunale può privarli dei loro diritti. Essi possono mettere in collegio di educazione e di istruzione i loro figli, ma non hanno il diritto di fare un contratto di lavoro o di servizio per i figli da 16 a 18 anni senza il consenso espresso di questi ultimi. Queste sono le norme principali intorno a cui si sviluppa tutta la legislazione sulla famiglia. Seguono le importanti disposizioni sulla tutela che per brevità tralasciamo di menzionare. Come può osservarsi, i procedimenti adottati nei rapporti fra i coniugi e fra questi e i figli sono resi agili, ma non capovolgono, come alcuno volle pensare, i rapporti ora vigenti nelle società occidentali. E’ certo che tali rapporti debbono essere sostanzialmente modificati.

Questo stato di cose si cambierà soltanto quando sarà stabilita la produzione comune, e al posto delle cure paterne dei fanciulli verranno le cure comuni. Nello stesso tempo il legame dell’uomo e della donna diventerà inutile... Noi viviamo in epoca di passaggio della società comunista. E il codice del tempo di transizione prepara, per quanto dipende da lui, le condizioni in presenza delle quali il legame tra marito e moglie diverrà completamente inutile. Da una parte esso facilita straordinariamente, seguendo il desiderio di una delle parti, la rottura del legame amoroso, anche ufficialmente registrato. Ma, d’altra parte, in egual modo, in presenza d’un tal legame o in presenza d’un legame illegale, doveri eguali, e certamente non minimi, sono imposti al padre verso i figli. L’eguaglianza intera dei diritti di tutti i fanciulli, senza distinzioni delle loro origini, è una misura sociale e psicologica che prepara a tutti i fanciulli delle cure sociali, che prepara il regime socialista in questo campo, privando della sua ultima base il matrimonio borghese con i suoi privilegi, i suoi interessi di famiglia di corte vedute, il suo isolamento e la sua spilorceria patriarcale.

Così l’Hoichbarg. Ed invero i compagni russi si volgono serenamente verso l’avvenire, creando pietra su pietra, gli istituti del nuovo stato bolscevico. La celia che i nemici fanno a noi è grossolana e disvela la mala fede che la muove. E’ il sorriso sardonico di chi ha paura e mentisce per incoraggiare sé stesso. Noi miriamo, come fine, a sciogliere i legami del matrimonio, ma vogliamo creare le condizioni economiche e sociali adatte a tale perfezione. Non siamo degli improvvisatori, degli estemporanei. Perché siamo dei rivoluzionari coscienti, ed educati ad una dottrina positiva e logica che segue ed affretta gli sviluppi della storia senza, peraltro, saltarli.

R.G.



La donna proletaria e il regime capitalista

La delittuosa guerra imperialistica tra gli Stati capitalisti e le nuove condizioni di vita che ne sono risultate aggravano fino all’estremo, per la grande maggioranza dell’elemento femminile, le contraddizioni sociali ed i mali che sono conseguenza inevitabile del capitalismo e che solo insieme con esso spariranno. E ciò dicasi non solo per gli Stati belligeranti, ma anche per i paesi neutri, i quali ultimi, infatti, sono stati più o meno trascinati nel turbine della guerra mondiale, risentendone l’influenza. L’ enorme e sempre crescente sproporzione tra il prezzo degli oggetti di prima necessità ed i mezzi d’esistenza di centinaia di milioni di donne rende insopportabili le loro pene, le loro privazioni e le loro sofferenze di operaie, di massaie e di madri di famiglia. La crisi degli alloggi ha raggiunto le proporzioni di un vero flagello. Lo stato di salute delle donne peggiora di giorno in giorno a causa dell’insufficiente alimentazione e dell’eccessivo lavoro nell’industria e nella casa. Diminuisce continuamente il numero di donne capaci di dare alla luce dei bambini normalmente costituiti; e cresce con rapidità spaventevole la mortalità infantile nel periodo dell’allattamento. Malattie e debolezza generale sono l’inevitabile conseguenza d’una insufficiente alimentazione e di deplorevoli condizioni di esistenza a cui sono condannati milioni di poveri fanciulli e che formano l’infelicità di innumerevoli madri.

Una speciale circostanza aggrava le sofferenze delle donne in tutti i paesi nei quali sussiste ancora il dominio del capitalismo. Durante la guerra l’attività professionale delle donne si è considerevolmente ampliata. Negli Stati belligeranti, in particolare, la parola d’ordine era: «Avanti le donne! Le donne alle professioni liberali!». Appena echeggiarono le fanfare di guerra, i pregiudizi contro «il sesso debole, arretrato, inferiore», disparvero come per incanto. Spinte dal bisogno e dagli abusati, menzogneri discorsi sul sacro dovere della difesa nazionale, le donne abbandonarono in massa i loro mestieri per l’industria, l’agricoltura, il commercio ed i trasporti, con gran vantaggio degli insaziabili capitalisti. L’attività professionale della donna penetrò irresistibilmente in tutte le amministrazioni comunali e statali ed in tutti i servizi pubblici.

Ma ora che l’economia capitalistica, colpita a morte dalla guerra mondiale, crolla definitivamente, ora che il capitalismo, ancora detentore del potere, si dimostra tuttavia impotente a rialzare la produzione fino al livello dei bisogni materiali delle masse lavoratrici e la disorganizzazione economica ed il sabotaggio dei padroni hanno provocato una crisi inaudita, di cui conseguenza diretta è lo sciopero; ora le donne sono le prime e le più numerose vittime di questa catastrofica situazione. Sia i capitalisti che i servizi pubblici e le diverse amministrazioni non temono tanto lo sciopero delle donne, quanto quello degli uomini; e la ragione è che le donne, nella loro maggioranza, non sono ancora politicamente organizzate. D’altronde la donna senza lavoro, secondo l’opinione corrente, può, come ultima risorsa, far mercato del suo corpo. In tutti i paesi in cui il proletariato non ha ancora assunto i poteri dello Stato si sente continuamente risuonare questo grido: "Donne, abbandonate l’industria! Ritornate ai vostri focolari!". Quest’appello ha anche un eco nei Sindacati, dove ostacola la lotta per l’uguaglianza dei salari dei due sessi e determina un ritorno alle antiche concezioni reazionarie e piccolo-borghesi sulla «vera, naturale funzione della donna». Parallelamente allo sviluppo dello sciopero e della nera miseria che ne deriva per tante donne, si constata una recrudescenza di prostituzione sotto tutte le forme, dal matrimonio d’interesse alla prostituzione aperta, ufficiale. La tendenza, sempre più accentuata, ad eliminare l’elemento femminile dalla sfera dell’attività sociale si trova in diretta opposizione col bisogno crescente che la gran maggioranza delle donne sente, di avere un guadagno indipendente e di consacrarsi al le funzioni di pubblica utilità. La guerra mondiale ha distrutto milioni di vite, ha fatto di milioni di esseri umani degli invalidi o dei malati che bisogna nutrire e curare; a sua volta, la disorganizzazione dell’economia capitalistica mette ora milioni d’uomini nell’impossibilità di sostentare, come pel passato, le loro famiglie col proprio lavoro professionale. La summenzionata tendenza è dunque in contraddizione flagrante cogli interessi della maggioranza dei membri della Società. Solo utilizzando in tutti i campi dell’attività umana le forze e le facoltà della donna, la società potrebbe riparare le spaventevoli distruzioni di beni materiali e spirituali causate dalla guerra e sviluppare le ricchezze e la civiltà proporzionatamente ai suoi bisogni. La tendenza generale rivolta ad escludere l’elemento femminile dalla produzione sociale, ha origine nel desiderio dei capitalisti, avidi di guadagno, di accrescere il loro potere. Essa prova che l’economia capitalista ed il regime borghese sono incompatibili coi vitali interessi dell’enorme maggioranza delle donne, oltre che della società in generale.

L’attuale miserabile situazione della donna è la risultante fatale del regime capitalista, essenzialmente rapace e sfruttatore. La guerra ha poi aggravato fino all’estremo i vizi di tale regime, di cui le donne sono le innumerevoli vittime. E non è questo uno stato di cose temporaneo che la pace farà sparire; l’umanità, del resto, per il fatto dell’esistenza del capitalismo, è continuamente esposta a nuove guerre di rapina, delle quali comincia appunto ora a precisarsi la minaccia, Sono le donne proletarie che soffrono, più crudelmente di tutti, dei difetti dell’organizzazione sociale contemporanea, in quanto, appartenendo al tempo stesso alla classe sfruttata ed al sesso al quale non si riconoscono affatto gli stessi diritti dell’uomo, esse sono le vittime maggiori del regime capitalista. Ma i loro mali e le loro sofferenze non sono che una delle conseguenze della situazione del proletariato oppresso e sfruttato in tutti i paesi nei quali regna ancora il capitale. Le riforme apportate al regime borghese allo scopo di “lottare contro la miseria prodotta dalla guerra“ non cambiano in nulla la situazione. Solo l’abolizione di questo regime produrrà la sparizione delle sue terre; solo la lotta rivoluzionaria degli sfruttati e dei diseredati, uomini e donne di ogni paese, solo l’azione rivoluzionaria del proletariato condurrà al rovesciamento dell’ordine sociale. Solo la rivoluzione mondiale, giustiziere supremo, sarà in grado di liquidare ciò che è l’eredità della guerra imperialista: miseria, decadimento intellettuale e morale, mali e sofferenze provocati dal completo fallimento dell’economia capitalistica.

Dalle premesse alle Tesi votate al Congresso Internazionale delle donne comuniste.

CLARA ZETKIN






Piccole schiave

I giornali dell’Inghilterra sollevano da qualche tempo una questione riguardante la colonia del Hong-Kong. Si è perpetuata in quest’isola l’usanza di vendere le bambine dai dieci ai dodici anni. Questa vendita viene chiamata “Min-Tsai”. Il sistema del “Min-Tsai” è un’adozione, come pretenderebbe qualcuno? È una schiavitù? I fatti, non contestati da nessuno, affermano che si tratti di schiavitù.

Nelle famiglie povere le ragazze sono vendute dai loro parenti a dei compratori che dichiarano di adottarle. Il prezzo varia dai 10 ai 15 dollari per ogni anno di età.

Vi sono due categorie di compratori: gli uni cercano delle bambine per il servizio domestico, altri per destinarle alla prostituzione; in quest’ultimo caso paga ai parenti una somma più elevata

L’usanza vuole che le bambine vendute per diventare donne di servizio non siano prostituite senza il loro consenso e quello dei genitori. Ma si constata la fragilità di un tale impegno, sopratutto quando si sa che i contratti di vendita contengono delle clausole come queste: «La ragazza potrà essere impiegata come converrà al compratore». Oppure: «Nessuna inchiesta sarà compiuta in caso di morte».

Si contano ogni anno 50.000 bambine che vengono vendute ed abbandonate al loro destino.

I difensori di tale sistema obiettano che queste ragazze sono così infelici in famiglia, che qualunque cambiamento nel loro genere di vita ne migliora la situazione. Si impiegavano già questi argomenti per giustificare la schiavitù dei negri. Noi crediamo questa usanza assolutamente condannabile. Noi pensiamo che una propaganda per la limitazione delle nascite si imporrebbe presso queste popolazioni troppo prolifiche e così miserabili. Sarebbe più morale della vendita di quelle piccole disgraziate.

Ma l’egoismo è tale che la lotta si presenta sotto un aspetto molto difficile.

Una parte dell’opinione inglese si è sollevata contro questo particolare sfruttamento coloniale. Un progetto di legge che vieta il sistema del Min-Tsai è stato presentato al Parlamento. Ma si mandano più facilmente 15.000.000 di nomini alla morte, che non si salvino delle fanciulle trattate così crudelmente, e prima che questa schiavitù sia abolita passerà ancora molto tempo.

Tutti questi orrori non si estirperanno definitivamente che con una trasformazione sociale che assicurerà la vita a tutti i bambini, di tutte le razze, e colla possibilità per tutte le donne di difendere la loro individualità dappertutto sempre.

(Da Ouvrière)






La lotta contro la prostituzione


Cause economiche

Il lavoro mal pagato, la stridente ineguaglianza della società capitalistica, l’abitudine insana delle donne di dipendere economicamente dagli uomini, di cercare un sostegno non dalla propria forza lavoro ma nella ricompensa dell’amore, in un uomo che le mantenga: questo è ciò che genera la prostituzione, è qui che noi dobbiamo ricercare le radici di questo malsano fenomeno che esiste da lungo tempo.

La rivoluzione proletaria in Russia, che demolì le basi del capitalismo, soppresse anche la dipendenza della donna dall’uomo, esistente nel passato. Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla società dei lavoratori, soltanto essi sono obbligati a lavorare per il bene comune e, in caso di bisogno, per essi provvede la collettività. La donna è protetta non più col matrimonio, ma con la sua partecipazione alla creazione della ricchezza sociale, in altre parole col suo lavoro produttivo. Le reciproche relazioni tra i sessi sono trasportate su nuove basi.

Ma le vecchie vedute e concezioni pesano ancora su di noi. Inoltre il nostro sistema economico è ancor lontano dall’essersi interamente stabilito, siamo ancora lontani dal sistema di vita comunista. Naturalmente in questo periodo di transizione la prostituzione ha ancora una base potente. Molte delle cause che la determinano non saranno in alcun modo rimosse, finché le cause fondamentali da cui essa trae origine la proprietà privata e la forma irrigidita della famiglia borghese non siano state eliminate. Ma rimangono altri numerosi fattori: la negligenza e la deficienza della protezione della fanciullezza, le misere condizioni di vita della classe lavoratrice, l’abbandono della gioventù, la bassa retribuzione del lavoro femminile, l’imperfezione del nostro apparato di approvvigionamento, la disorganizzazione generale dell’economia nazionale, e una quantità di altri fenomeni economici e sociali che danno ancora origine alla vendita della donna, alimentando così la prostituzione.


Dobbiamo combattere i disertori del lavoro

Intanto che cosa è la prostituta di professione? La prostituta di professione è una persona le cui energie lavoratrici non sono date a vantaggio del benessere collettivo, una persona che vive a spese degli altri e che riceve una parte della razione degli altri. È permesso un tale stato di cose in una Repubblica di lavoratori? Certamente no, perché esso diminuisce la provvista della forza lavoro, il numero delle braccia che lavorano per la creazione della ricchezza nazionale, dei beni sociali. Come si deve considerare la prostituta di professione dal punto di vista degli interessi dell’economia nazionale? Come una persona che diserta Il lavoro.

In tal senso noi dobbiamo condannare senza misericordia la prostituzione. Nell’interesse di un ragionato piano economico, noi dobbiamo determinare una diminuzione nel numero delle prostitute, colpire le loro manifestazioni, qualunque sia la forma in cui esse appaiono.

È tempo che noi comprendiamo come l’esistenza della prostituzione è in contraddizione con i principi fondamentali della Repubblica proletaria, nella quale ogni forma di guadagno non ottenuto col lavoro è sottoposto a persecuzione.

Chiunque non lavora, chiunque vive a spese degli altri, sul guadagno degli altri e non compie un lavoro produttivo, questi è un pericolo per la società collettiva, per la repubblica.

Ma quando noi consideriamo le prostitute e la combattiamo come elementi non produttivi della società, non dobbiamo porle in una categoria speciale. Per noi, per la repubblica, è assolutamente indifferente che la donna si venda a uno o a più uomini, che sia una prostituta di professione, che vive con cespiti diversi da quelli del proprio lavoro utile, oppure che venda le proprie carezze al un marito legale o a un compratore occasionale di piaceri femminili, la qui identità può variare di giorno in giorno. Tutte le donne che disertano il lavoro, che non prendono parte al lavoro produttivo, che non compiono nessun lavoro per i loro piccoli, sono poste allo stesso livello delle prostitute, esse debbono essere obbligate a lavorare. Noi non possiamo fare alcuna distinzione fra la prostituta e la moglie legale che vive a spese di suo marito, chiunque questi sia, fosse anche un commissario


Deve il governo dei Soviet combattere la prostituzione?

La lotta contro la prostituzione richiede innanzi tutto la lotta contro i succitati fenomeni, in altre parole richiede l’appoggio alla polizia generale del Potere dei Soviet nell’opera di rafforzamento dell’inizio del comunismo e di perfezionamento della produzione. Questo è il nostro compito principale e fondamentale.

Alcuni chiederanno: È necessario condurre in tal caso una guerra speciale contro la prostituzione? Questo doloroso fenomeno scomparirà da sé quando noi avremo rafforzato il potere del proletariato, in pieno inizio del Comunismo.

Discutere di ciò equivale ignorare l’influenza disgregatrice e funesta che la prostituzione esercita sull’intera struttura della società comunista. Già nel primo congresso Russo delle donne operaie e contadine si stabili il giusto programma: «Le cittadine libere ed uguali della Repubblica proletaria dei Soviet non possono e non devono essere oggetto di compravendita».

La prostituzione nuoce alla Russia dei lavoratori, principalmente dal punto di vista dell’interesse dell’economia nazionale del libero sviluppo delle nostre forze produttive.

Noi sappiamo che la vittoria sulla organizzazione, l’incremento dell’evoluzione della nostra industria è possibile soltanto con l’estrema utilizzazione di tutte le energie lavoratrici della Repubblica, con una completa o metodica applicazione di tutte le forze lavoratrici individuali, sia delle donne sia degli uomini.

Abbasso il lavoro improduttivo della vita domestica, lo sfruttamento delle ragazze nella casa! Avanti per il lavoro organizzato, il lavoro produttivo, il lavoro utile ai lavoratori!

* * *

Un’altra ragione per la quale noi dobbiamo condurre immediatamente una sistematica campagna contro la prostituzione è quella della difesa della salute pubblica. La Russia dei Soviet è interessata a prevenire la disorganizzazione e lo sperpero della forza lavoratrice della popolazione, come pure la sua capacità di lavoro, dalle malattie e dalle indisposizioni. Ora la prostituzione costituisce una delle fonti delle malattie venеrеe ma non ne è naturalmente la sola. Queste malattie possono essere comunicate anche nel corso regolare della vita giornaliera, in causa delle misere condizioni famigliari. L’assenza di misure igieniche, un’insufficienza di piatti e di salviette che perciò sono adoperate in comune da parecchie persone, determinano spesso delle infezioni.

Nella tesi della Commissione interdipartimentale per la lotta contro la prostituzione, nella Commissione per il benessere sociale è detto che il compito immediato del Commissariato per la salute pubblica è quello di elaborare speciali misure per la lotta contro le infezioni veneree. Naturalmente queste misure investono tutte le cause di infezioni e non devono limitarsi a perseguitare la prostituzione, come faceva la ipocrita società borghese. Ma ciò nonostante, poiché noi riconosciamo che la diffusione dell’infezione si compie su vasta scala nel corso regolare della vita giornaliera, è assai importante dare alla popolazione una chiara nozione della funzione della prostituzione nell’estendersi delle malattie veneree. È estremamente importante svolgere una conveniente educazione sessuale fra la gioventù, fornire i giovani di informazioni precise, renderli capaci ad entrare nella vita ad occhi aperti, rifuggire dal silenzio sulle questioni relative alla vita sessuale come faceva la menzognera ed ipocrita moralità borghese. La terza ragione per cui la prostituzione è inammissibile nella repubblica proletaria del Soviet è che essa impedisce lo sviluppo e il consolidamento delle fondamentali qualità di classe del proletariato, della sua nuova moralità.

Quali sono le proprietà fondamentali della classe lavoratrice? la più potente arma morale nella sua lotta? Il sentimento di cameratismo, di solidarietà è il fondamento del comunismo. Senza questo sentimento fortemente radicato fra i lavoratori, è inconcepibile come noi potremo erigere una nuova società veramente comunista. Naturalmente è evidente che i comunisti coscienti devono aiutare con tutte le loro forze lo sviluppo di questo sentimento, e viceversa, devono combattere con tutta la loro energia contro quelle forze che impediscono lo sviluppo e il consolidamento di tali qualità e caratteristiche della classe lavoratrice.

Nella società borghese la prostituta era diffamata e perseguitata non per il fatto che essa non forniva un lavoro utile e produttivo, non perché vendeva i suoi baci (due terzi delle donne nella società borghese vendevano sé stesse al proprio marito legale), ma per l’irregolarità delle sue relazioni coniugali, per la brevità della loro durata.

La base del matrimonio nella società borghese era la sua stabilità e formalità, la sua registrazione. Questa registrazione aveva per scopo di assicurare la trasmissione della proprietà dei beni agli eredi. La mancanza di formalità, la breve durata delle relazioni fra i sessi questo era ciò che la borghesia ripudiava nelle relazioni extra-matrimoniali, ciò che veniva diffamato con disprezzo dagli ipocriti alfieri della moralità borghese. La breve durata, l’irregolarità, la libertà nelle relazioni sessuali possono essere riguardate dal punto di vista dell’umanità lavoratrice come un reato, come un atto che deve essere sottoposto a punizioni? Evidentemente no. La libertà delle relazioni sessuali non contraddice l’ideologia del Comunismo.

Gli interessi della comunità dei lavoratori non sono in alcun modo danneggiati dal fatto che il matrimonio abbia una durata breve o lunga, che la sua base sia l’amore, la passione una transitoria attrazione fisica.

L’unica cosa che è dannosa alla collettività lavoratrice, e perciò inammissibile, è l’elemento del calcolo materiale che interviene nei rapporti fra essi, tanto sotto la forma della prostituzione quanto sotto quella del matrimonio legale, la sostituzione di un gretto calcolo materialistico alla libera unione dei sessi sulla base di una reciproca attrazione.

Quali sono le conseguenze della prostituzione? Una diminuzione del sentimento di eguaglianza, di solidarietà e di cameratismo fra i sessi, in altre parole, fra le due metà della classe lavoratrice.

L’uomo che compera le carezze della donna vede in essa una comodità. Egli considera la donna come sua dipendente, cioè come une creatura di ordine inferiore, non avente uguali diritti e di non uguale valore di fronte al governo dei lavoratori.

La sua concezione di spregio verso le prostitute, le cui attenzioni egli compera materialmente, la estende a tutte le donne.

Invece di uno sviluppo del sentimento di cameratismo, di eguaglianza e di solidarietà, se la prostituzione si svilupperà ulteriormente noi avremo un rafforzamento delle condizioni di ineguaglianza fra i sessi, del sentimento di superiorità dell’uomo, della dipendenza da questi della donna; in altre parole, una diminuzione di solidarietà nell’intera classe lavoratrice.

Dal punto di vista della nuova moralità comunista, che è in via di formazione e di cristallizzazione, la prostituzione è intollerabile e pericolosa. Perciò il compito del nostro partito e della sezione femminile in particolare, deve essere quello di condurre campagna aperta, risoluta e senza misericordia contro questa eredità del passato. Nella società borghese tutti i sistemi di lotta contro la prostituzione non erano che un inutile spreco di energie, poiché le due cause fondamentali della prostituzione – resistenza della proprietà privata e la diretta dipendenza economica di una grande quantità di donne dagli uomini (padre, marito, amante) – vi erano potentemente e fermamente stabilite.

Nella repubblica proletaria queste cause sono state eliminate. La proprietà privata è stata abolita. Tutti i cittadini della Repubblica dei Soviet sono obbligati al lavoro. Il matrimonio cessa di essere per la donna il mezzo per vivere e sfuggire alla inevitabilità di lavorare e di nutrirsi col proprio lavoro. Le cause obiettive fondamentali della prostituzione nella Russia dei Soviet sono state abolite.

Cosa diverrà il matrimonio nell’avvenire o più propriamente quale forma assumeranno le relazioni fra i sessi, è molto difficile prevedere. Ma è certo che in regime comunista esulerà dalle relazioni coniugali non solo ogni calcolo materiale, ogni dipendenza della donna dall’uomo, ma anche ogni altra considerazione di convenienza che così spesso caratterizza il matrimonio d’oggi. Alla base dei rapporti coniugali c’è un salutare istinto di riproduzione, abbellito dalle attrattive di un amore felice, di un’ardente passione, soffuso di una spirituale armonia, che determina una spontanea attrazione fisiologica, che tosto si estingue.

Tutti questi fattori delle relazioni coniugali non hanno nulla di comune con la prostituzione. La prostituzione è offensiva perché un atto di violenza della donna su sé stessa determinato dalla pressione di vantaggi esterni e fortuiti; nella prostituzione non c’è posto per l’amore e per la passione, né per alcun sano istinto di riproduzione della specie. Esso è puramente un atto deliberato di calcolo materiale.

Dove entra la passione o l’attrazione, scompare la prostituzione.

In regime comunista la prostituzione passerà nell’oblio del passato insieme al sistema insano dell’attuale famiglia. Al suo posto sorgeranno delle relazioni sane, felici e libere fra i sessi. Una nuova generazione sostituirà l’antica con un sentimento sociale più sviluppato, con una maggior indipendenza reciproca, con una maggior libertà, salute e coraggio. Una generazione per la quale il benessere della collettività sarà posto al disopra di tutto.

Compagni, il nostro compito è di distruggere le radici che alimentano la prostituzione; di condurre una lotta inflessibile contro ogni vestigia di individualismo, che è stata finora la base morale del matrimonio; di determinare una rivoluzione ideologica nel campo delle relazioni matrimoniali e rischiarare la via per una nuova salutare moralità coniugale che corrisponda agli interessi della comunità lavoratrice.

ALESSANDRA KOLLONTAY