International Communist Party Sulla questione sindacale
 

Le posizioni dei comunisti rivoluzionari di fronte alla rinascita dei sindacati di classe

(da “Il Partito Comunista”, n.55, 1979)




I punti che seguono sono stati diffusi all’assemblea detta del Lirico, tenuta a Milano nei giorni 10 e 11 del mese di febbraio di quest’anno. Il gruppo dei lavoratori comunisti, che avrebbero dovuto illustrarli, ne è stato impedito dalla subdola regia dei promotori del convegno cosiddetto della “opposizione operaia”, e di cui si tratta in altra parte del giornale. Il comportamento dei dirigenti ci ha ricordato quello dei bonzi confederali tricolore e ci ha convinti una volta di più delle profonde difficoltà che la ripresa di classe deve superare e che su questa strada dell’ostracismo a una parte dei lavoratori, che hanno commesso il delitto di proclamarsi comunisti, è assolutamente impossibile ricreare organi sindacali di classe in grado di spostare la massa proletaria fuori dall’influenza dei falsi sindacati e partiti operai.

Il nostro testo, mentre rintraccia e ripropone con schiettezza e lealtà verso gli operai, le posizioni del marxismo rivoluzionario, avanza proposte per consentire la coagulazione di forze sinceramente di classe, per impedire la loro dispersione o di servire da strumenti di copertura a manovre per deviare la volontà di sinceri operai schifati dalla politica dei sindacati nazionali.

Siamo profondamente convinti, educati dall’esperienza pratica, che una opposizione sindacale classista corre il rischio di rimanere sospesa per aria, se non si dà una direttiva antitricolore, che si realizzi sui posti di lavoro, per contrastare e battere la politica di asservimento al padronato e al suo regime condotta dai sindacati e dai partiti del regime borghese.

Siamo altresì convinti che questa linea di classe non potrà uscire vittoriosa se i gruppi operai che intendono perseguirla si racchiudono a riccio nelle loro particolarità, mentre il nemico di classe si sforza ogni giorno di consolidare il suo fronte unito antioperaio, e se credono di poterla catturare a forza di convegni, riunioni, congressi nei quali scorrono soltanto fiumi di parole, utili soltanto a quei partiti e gruppi politici che si baloccano con la legalità costituzionale e con il cretinismo parlamentare, vera peste bubbonica che credevamo battuta per sempre e che, invece, è ritornata, con bel regalo della ritrovata democrazia, ad affliggere la classe operaia.

Se il prevalere di queste pratiche legalitarie, che si sintetizzano nella politica di “sinistra sindacale”, denota l’immaturità dei tempi per la ripresa di classe, è altresì vero che verso di essa non si può restare indifferenti né agnostici, quasi che non tragga origine o che comunque non discenda obbiettivamente dalle esigenze di paralizzare una iniziativa di classe. Questa politica di “sinistra sindacale”, di dissenso autorizzato dalle Centrali sindacali, deve essere contrastata e rovesciata in ogni luogo e in qualsiasi forma si manifesti. Essa, facendo capo a partiti aventi come primario obiettivo di gettare un ponte tra la parte più radicale e combattiva della classe operaia e le Centrali sindacali di regime e i falsi partiti operai, è più infida della politica sindacale ufficiale.

Perché una opposizione sindacale di classe abbia un senso, deve porsi fuori dalla politica sindacale tricolore e dalle pratiche democratiche di un parlamentarismo sindacale che riduce lo scontro di classe a chiacchiere, a mozioni, tutte forme inutili e debilitanti.

 

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1 – I sindacati attuali sono di marca tricolore, continuatori del sindacalismo fascista, subordinati nell’indirizzo politico e nella pratica allo Stato capitalista.

2 – I falsi partiti operai, con la loro politica nazionale, legalitaria, di pace tra le classi, di alleanza permanente con i partiti tradizionali della borghesia in funzione controrivoluzionaria, sono i soli responsabili dello stato di grave prostrazione e d’impotenza della classe operaia.

3 – Il proletariato, privato così dei suoi organi fondamentali di classe: il sindacato operaio anticapitalista e il Partito comunista rivoluzionario, è in balìa del regime borghese e oggetto di interessamento del capitalismo per la conservazione del regime presente.

4 – Il grave problema che è stato posto con la sconfitta della rivoluzione proletaria, la distruzione dei “sindacati rossi”, con il passaggio dei partiti comunisti della Terza Internazionale nel campo della controrivoluzione è bipolare: RINASCITA DEL PARTITO POLITICO DI CLASSE, che è processo storico poggiante su teoria, programma, principi e finalità secondo la lezione secolare del marxismo rivoluzionario e deriva dalle lotte di intere generazioni di rivoluzionari per la conquista del potere politico, la distruzione violenta dello Stato borghese, l’instaurazione della Dittatura Proletaria; RINASCITA dell’ORGANIZZAZIONE DI CLASSE comunque strutturata in nuovi sindacati anticapitalisti, in nuovi organismi di puri salariati a contenuto economico, per la difesa degli interessi immediati del proletariato dalla continua e crescente pressione del capitalismo.

5 – In questi ultimi anni il processo di inserimento dei sindacati tricolore nel regime borghese ha subìto una potente accelerazione dalla crisi economica, sociale e politica, che ha determinato l’aumento della disoccupazione, la proletarizzazione di vasti ceti intermedi, il terrorismo, l’instabilità del governo della macchina statale borghese. Questo processo, che ha vieppiù consolidato i sindacati nella loro funzione di pilastri del regime borghese, e di conseguenza li ha ancor più sospinti a subordinare gli interessi proletari a quelli delle classi possidenti, che si riassume oggi nella “politica dei sacrifici”, ieri in quella della “ricostruzione nazionale”, domani in quella della “difesa della democrazia” o della “difesa della Patria”, QUESTO PROCESSO E’ ORMAI IRREVERSIBILE.

6 – Fermi in questa analisi critica dell’esperienza storica più che cinquantennale, in base alla quale i sindacati attuali, abbandonato il campo della lotta di classe contro il capitalismo, si sono degradati ad agenzie di collocamento e contrattazione della forza lavoro per il mantenimento dell’equilibrio fra le classi (pacifismo sociale), i comunisti ritengono che non sia dovuta disciplina alcuna a questi sindacati, come un giorno proclamarono che non la si dovesse a quelli fascisti, progenitori degli attuali, democratici, populisti, nazionalisti.

7 – Da ciò deriva che si deve ritenere mistificatrice e antioperaia qualsiasi “opposizione” leale, interna o esterna, ai sindacati tricolore, la quale si ponga sul terreno del legalitarismo, della democrazia, della conquista pacifica della direzione delle Centrali sindacali. In particolare si deve sottolineare come copertura “da sinistra” della spregevole funzione antiproletaria dei sindacati tricolore quella sedicente “sinistra sindacale”, la quale, con un linguaggio ibrido e accattivante, funge da freno verso le spinte operaie determinate dal continuo tradimento delle bonzerie sindacali. È altresì da respingere la tentazione, proposta in varie forme da gruppi esagitati e senza testa, di sostituire l’organizzazione di classe del proletariato con organismi a mezza strada tra Partito e sindacato.

8 – Si presenta quindi, per il proletariato, l’unica strada di classe: RICOSTRUIRE EX NOVO I SUOI ORGANI DI DIFESA ECONOMICA, LA SUA ORGANIZZAZIONE DI CLASSE, FUORI E CONTRO LE DIRETTIVE DELLE CENTRALI SINDACALI UFFICIALI E LE LORO OPPOSIZIONI LEALISTE.

9 – Pertanto la lotta contro la politica dei sacrifici, della programmazione, della mobilità, della difesa dell’economia nazionale e del regime democratico è il reale terreno di scontro diretto con i nemici della classe operaia, i quali, dai sindacati tricolore ai falsi partiti operai, dai sindacati autonomi ai partiti dichiaratamente borghesi, dalle istituzioni locali allo Stato centrale, hanno costituito un VERO E PROPRIO REGIME POLITICO ANTIPROLETARIO, UN SISTEMA DI REPRESSIONE ECONOMICA, SOCIALE E POLIZIESCA CONTRO LA CLASSE OPERAIA.

10 – L’attestarsi di gruppi operai entro e fuori i posti di lavoro su queste elementari posizioni è fatto positivo che merita la solidarietà coordinata di tutte quelle forze che avvertono il bisogno di riarmare la classe con il suo primo e indispensabile organo di battaglia: l’associazione economica proletaria per difendere gli interessi immediati dei lavoratori salariati.

11 – Per conseguire questo risultato i comunisti non antepongono pregiudiziali ideologiche o di partito, ma indicano che esso è realizzabile in una organizzazione seria e combattente di puri salariati, a qualunque partito e ideologia essi aderiscano, che parta dalle fabbriche e dai posti di lavoro per riassumersi in organi superiori, capaci di direttive e iniziative di classe con l’obiettivo di conquistare l’adesione del proletariato.

12 – La ricostruzione sui posti di lavoro di organi economici di classe con compiti di difesa della condizione operaia, in aperta posizione di scontro con le direzioni aziendali, è compito primario e urgente per ritessere una vera rete di classe in grado di resistere all’offensiva padronale capitalistica, collegata all’esterno delle fabbriche in una struttura organizzativa centralizzata che assicuri un’azione unitaria, coerente e disciplinata. A questo riguardo l’esempio della lotta dei lavoratori ospedalieri, cui è mancata la solidarietà attiva e reale, malgrado gli elogi a chiacchiere di “oppositori” di comodo, delle altre categorie, e che è stata sconfitta sotto l’aspetto della ripresa della lotta proletaria per l’intervento congiunto, in un fronte unito, di tutti gli arnesi della democrazia borghese, sindacati, PCI, PSI, DC, etc., consigli di fabbrica, Regioni, Comuni, è stato sintomatico e rappresenta l’unico esempio a scala nazionale del ritorno alla lotta diretta di una categoria di lavoratori.

13 – I comunisti dinanzi al crescente aumento della disoccupazione e del costo della vita propongono la coalizione delle forze proletarie su un programma minimo di rivendicazioni di classe, le sole realistiche, unificatrici di tutte le categorie proletarie dei lavoratori occupati e disoccupati:
     a) SALARIO INTEGRALE AI DISOCCUPATI secondo il principio dell’obbligo generale del lavoro che il capitalismo rispetta soltanto quando gli fa comodo e nega quando tocca il suo portafoglio.
     b) FORTI AUMENTI SALARIALI, INVERSAMENTE PROPORZIONALI cioè più alti per le categorie peggio pagate.
     c) RIDUZIONE GENERALIZZATA DELL’ORARIO DI LAVORO SENZA RIDUZIONE DEL SALARIO.
     d) RIFIUTO DI QUALSIASI AUMENTO DELLO SFRUTTAMENTO, NO ALLA MOBILITÀ, ALLE RISTRUTTURAZIONI, ALLA PROFESSIONALITÀ.

Questo programma minimo dovrà attuarsi per mezzo della mobilitazione dei proletari nell’azione diretta, fuori dagli intrighi e dai dosaggi diplomatici dei partiti, delle bonzerie sindacali, del governo. L’opposizione operaia non deve sottostare alla illusoria e improduttiva pratica democratica all’interno dei sindacati attuali, né ridursi a sterile movimento di opinione, informazione e propaganda a parole nelle assemblee, ma dovrà tendere ovunque alla agitazione e mobilitazione dei compagni di lavoro, senza attendere la formale espressione di maggioranze numeriche in assemblee orchestrate dalle bonzerie.

14 – Solo il potere rivoluzionario della Dittatura di classe avvierà a sicuro scioglimento i gravi problemi che affliggono il proletariato, ma è lottando e operando per la realizzazione di questo programma, minimo fuori dagli schemi illusori e dalle frasi roboanti, che si potrà ricostruire una organizzazione di classe in grado di indirizzare e guidare il proletariato nella lotta per la sua emancipazione dal capitalismo.

Gruppi Lavoratori Comunisti del Partito Comunista Internazionale, “Il Partito Comunista”