Partito Comunista Internazionale Sulla questione sindacale


La nostra battaglia nei Cobas della scuola

(Il Partito Comunista, n. 217, 1994)


Nei Cobas-Scuola ormai da qualche anno si è delineato uno scontro radicale tra due posizioni. La prima, difesa in particolare dai Cobas di Roma, concepisce i Cobas come una forma superiore al Partito e al Sindacato, vera sintesi dell’ economico, politico e sociale, non solo strumento di lotta politica e sindacale ma anche organo statale in fieri. I Cobas come i Soviet insomma, ma senza il Partito ed il Sindacato. L’affermazione della forma-Cobas a livello statuale è concepita nei termini classici dell’opportunismo elettoralista ed in ciò i nostri novelli teorici non si differenziano dal moderno e dilagante cretinismo parlamentare.

La seconda è stata elaborata, difesa e diffusa con costanza e metodo dai Cobas di Torino. Già in questo giornale si è riporta la battaglia condotta dai Cobas torinesi a ferrovieri ed altre categorie per il sindacato di classe e la costruzione di nuove Camere del Lavoro.

I principi generali del sindacato di classe elaborati dai Cobas-Scuola torinesi riprendono in modo testuale i principi espressi dal Partito nel suo indirizzo programmatico per la costituzione del sindacato di classe.

Tutte le altre province in cui esistono i Cobas oscillano tra queste due posizioni.

Alla 67ª Assemblea nazionale svoltasi a Roma il 14-15-16 gennaio 1994, a cui hanno partecipato 19 province, si è giunti ad una prima definizione dei rapporti di forza interni. L’assemblea provinciale romana si è presentata con un ponderoso documento teorico-programmatico non privo di spunti interessanti, il cosidetto documento Bernocchi dal nome del suo estensore. Tale documento presenta una analisi del “Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo” siglato il 23 luglio 1993. L’estensore non si lascia ingannare dalle favole liberiste e vede un aumento dell’intervento statale nell’economia che non esclude alcuna forma compresa quella militare. Il resto, rivela un opportunismo eclettico e confusionario. Il documento romano prevede per l’Italia una situazione alla Kerensky-Kornilov: se alle prossime elezioni vincerà la sinistra saremmo alla fase Kerensky, se vincerà la destra saremmo alla fase Kornilov. Perché il lavoro dipendente non sia battuto è necessario che tutta l’autorganizzazione (dai Cobas ai Centri sociali, al movimento degli studenti, ai partitini dell’ultra sinistra fino a pezzi del sindacato e di Rifondazione) si unisca in un polo anticapitalistico con “un programma sociale-politico di uscita dalla crisi”.

Non ci soffermiamo qui sulla natura interclassista e fronte-popolaresca del cosidetto polo anticapitalista, abbandonando come residui “vetero-marxisti” la giusta distinzione tra i vari organi di emancipazione del proletariato (Partito, Sindacato, Soviet) che, almeno a parole ed in forma distorta, il vecchio frontismo conservava.

L’opportunismo si delinea oltre che nella proposta elettoralista, nel fatto che il programma del “polo anticapitalistico” si propone di uscire dalla crisi. Ora gli anticapitalisti veri non si propongono di conquistare il parlamento né di aiutare i capitalisti ad uscire dalla crisi, ma di approfittare della crisi per affossare il Capitale ed il suo Stato. E per ciò l’esperienza storica ha già selezionato i suoi organi: Partito-Sindacato-Soviet ed i suoi strumenti: il sangue e l’acciaio.

Il programma del “polo anticapitalista”, pur contenendo rivendicazioni tipo riduzione di orario e parità di salario, è velleitario nel momento in cui si pone l’obiettivo storico di creare un’economia fondata sul valore d’uso senza porsi il problema dello Stato e della violenza. O costoro giocano con le parole o non sanno cosa dicono e fanno. In ambedue in casi più pericolosi per il proletariato dei classici opportunisti.

Non ci soffermiamo a criticare lo stravolgimento della natura dei Cobas contenuto nel documento romano. Rimandiamo per questo al lavoro apparso sul giornale che contiene una critica puntuale a tutte le concezioni dell’autorganizzazione e del sindacalismo di base, e quindi anche della vecchia maggioranza Cobas-Scuola di cui si sono analizzate le fonti teoriche marxiste e idealiste, sconosciute, per colmo d’ironia, dai suoi stessi sostenitori che proprio per questo pensano di elaborare teorie nuove e modernissime.

Alla 67ª A.N. i Cobas di Torino si sono presentati con un articolato documento la cui sostanza è conosciuta ai lettori perché già riportata in articoli apparsi sull’organo del Partito.

I Cobas torinesi hanno teso a creare la più larga alleanza possibile tra le province contro la “svolta politica” delineata dal documento romano. Non si è insistito sulle questioni nominali del sindacato di classe privilegiando la sostanza della definizione dei Cobas come strumento di lotta sindacale, aperto a tutti i salariati, affermando la necessità di strutture territoriali intercategoriali e ponendo al centro dell’azione la ripresa della lotta vertenziale, categoriale e generale, esaltandone proprio in questa generalità il suo esemplare carattere politico, marxisticamente inteso.

In questa fase i Cobas di Torino hanno lavorato in sintonia con Genova, Savona e la Spezia riuscendo a coagulare attorno alla mozione, presentata di Torino-Genova-Savona, la maggioranza delle province e quasi il 50% dei delegati.

Difronte al pericolo di una spaccatura verticale dei Cobas i “politici” hanno dovuto fare marcia indietro che ben presto si è trasformata in rotta disordinata causa ulteriori suddivisioni al loro interno. Gli “elettoralisti”, per giunta filo progressiti, sono stati totalmente sconfiti, mentre i fautori della “svolta politica”, intesa in senso esplicito, si sono preparati ai tempi lunghi per far prevalere le loro tesi.

Le province che maggiormente avevano sostenuto il peso dello scontro contro la “svolta politica” (Genova-Savona-La Spezia-Torino) decidevano di incontrarsi il 30 gennaio per elaborare una posizione comune per la 68ª A.N. del 13 febbraio. Il documento elaborato, pur con evidenti limiti, dovuti al fatto che escluso Torino, solo sparute minoranze di altre provincie sono attestate sulla posizione della costruzione del Sindacato di classe, ha il merito di delineare un percorso di lavoro sindacale categoriale e intercategoriale che pone al suo centro la costituzione di coordinamenti intercategoriali su base territoriale e nazionale, luoghi stabiliti per un’alternativa visibile e utilizzabile dai lavoratori in opposizione ai sindacati di regime.

La 68ª A.N. vedeva la completa sconfitta dei sostenitori della “svolta politica” ed una netta vittoria politica, ci si scusi il bisticcio solo linguistico, della linea sostenuta da Genova, Torino, Savona, La Spezia.

Conseguita questa importante vittoria è necessario ora fare chiarezza nella variopinta alleanza artefice della sconfitta dei “politici”.

È urgente nei Cobas-Scuola costituire una rete nazionale per la costruzione del Sindacato di classe fondato su organizzazioni territoriali tipo le Camere del Lavoro. Tale rete può fare centro attualmente a Torino in cui i Cobas sono unanimi in questo progetto a cui lavorano ormai da anni. Ma Torino se non è sostenuta da una rete nazionale rischia di rimanere isolata. Di questo hanno piena coscienza i suoi avversari, che non hanno scrupoli ad utilizzare tutti i mezzi nel tentativo di mantenere tale isolamento operando per contrapporre Torino alle altre province.