Partito Comunista Internazionale
il Partito Comunista Internazionale N. 436 - anteprima

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Aggiornato 27 novembre 2025

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DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: – la linea da Marx a Lenin, alla fondazione della III Internazionale, a Livorno 1921, nascita del Partito Comunista d’Italia, alla lotta della Sinistra Comunista Italiana contro la degenerazione di Mosca, al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani – la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario, a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco
PAGINA 1 28 novembre: Contro sfruttamento e riarmo! - Per l’unità d’azione dei sindacati e dei lavoratori!
29 novembre: Solo la internazionale solidarietà del proletariato e la rivoluzione comunista fermeranno lo sterminio della nazionalità palestinese
Prato, 30 novembre: Alle aggressioni dei padroni e del loro Stato si risponda con l’unità di lotta della classe lavoratrice
Genova 4 dicembre: Unire le lotte dei lavoratori per difendere lavoro e salario! Dallo sciopero dei metalmeccanici a quello generale!
Venerdì 12 dicembre: Per l’unità d’azione dei sindacati e dei lavoratori - Per il fronte unico sindacale di classe!
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Per il sindacato di classe  
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PAGINA 1


28 novembre
Contro sfruttamento e riarmo!
Per l’unità d’azione dei sindacati e dei lavoratori!

La legge di bilancio per il 2026 conferma che anche in Italia il regime del capitale si sta preparando alla guerra quale unica sua soluzione alla crisi economica mondiale che continua inesorabilmente ad approfondirsi.

La causa della crisi dell’economia capitalista è la sovrapproduzione. Questa da tempo attanaglia i paesi occidentali e da alcuni anni anche la Cina, che per tre decenni ha permesso all’economia capitalistica mondiale di non crollare, divenendo la fonte di nuovi profitti nonché la cosiddetta fabbrica del mondo.

Il dilagare della sovrapproduzione rende sempre più aspra la concorrenza trasformandola in scontro militare. È questa la causa dei sempre più numerosi conflitti, non certo il folle capo di governo o l’ideologia reazionaria di turno. Non sono guerre in difesa di popoli o di ideali ma imperialiste per la spartizione dei mercati, per i profitti.

La politica di riarmo non riguarda certo solo l’Italia bensì tutti i paesi d’Europa, anche quelli con governi che si presentano “di sinistra”, come quello spagnolo, e ciascuno per sé, dimostrando come non esista una Europa Unita – né tanto meno un “imperialismo europeo” – ma solo i decrepiti Stati nazionali borghesi. E interessa tutto il mondo: dagli Stati Uniti, alla Cina, all’India, alla Russia, al Medio Oriente.

Non riuscendo più a vendere acciaio, automobili e un numero crescente di merci, gli Stati investono e si indebitano nel produrre e comprare armi. Nelle loro intenzioni, con la guerra mondiale che si avvicina, sarà il proletariato internazionale a pagare il conto. Distrutte le merci in eccesso – città, industrie, infrastrutture e la merce forza lavoro – come già fu con la Seconda Guerra mondiale, potrà avviarsi un nuovo ciclo di accumulazione capitalistica.

Questa è la follia del capitalismo che si abbevera per sopravvivere del sudore e del sangue dei lavoratori, e che solo dalla classe lavoratrice può essere spezzata. Opporsi oggi ai sacrifici imposti dai governi e dalla classe padronale, in nome del riarmo e della competitività di Patria e Azienda, significa costruire la forza sociale e politica per fermare domani la guerra imperialista.

Oggi i sindacati di base – tutti finalmente insieme – hanno proclamato lo sciopero generale contro la legge finanziaria. Lo slogan che meglio esprime il senso di questo sciopero è quello agitato da tre anni dall’Unione Sindacale di Base: ABBASSATE LE ARMI, ALZATE I SALARI !

Ma a esso ne va aggiunto un altro che inizia a circolare nel movimento sindacale: MAI PIÙ SCIOPERI SEPARATI!

Le settimane di mobilitazione contro la guerra e il genocidio a Gaza hanno portato al grande risultato – per merito dell’USB e degli altri sindacati di base – dei due scioperi generali del 22 settembre e del 3 ottobre, il secondo ancora più potente per la convergenza di tutti i sindacati di base con la CGIL. Non appena rifluito il movimento però la dirigenza della CGIL ha fatto marcia indietro e si è rifiutata di convergere sullo sciopero di oggi, proclamandone uno separato e tardivo per il 12 dicembre, nonostante l’appello al suo interno di centinaia di suoi iscritti per aderire allo sciopero odierno e l’invito a scioperare insieme da parte della CUB e della Confederazione COBAS.

La dirigenza della CGIL non vuole l’unità d’azione coi sindacati di base perché sa che essa rafforzerebbe e radicalizzerebbe gli scioperi, spostando i lavoratori verso il sindacalismo di classe e comprometterebbe l’unità sindacale collaborazionista di CGIL CISL e UIL, pilastro del sindacalismo di regime. Per questo è miope la condotta della dirigenza USB che non vuole lo sciopero unitario: perché fa il gioco della dirigenza CGIL!

In tutti i sindacati bisogna battersi per gli scioperi unitari, primo passo per un Fronte Unico Sindacale di Classe che sarà la base dell’unione organizzativa in un futuro grande Sindacato di Classe necessario ai lavoratori per difendersi dal capitalismo sempre più morente, sempre più assetato di sudore e sangue proletario.









29 novembre
Solo la internazionale solidarietà del proletariato e la rivoluzione comunista fermeranno lo sterminio della nazionalità palestinese

Il cessate il fuoco conferma che il genocidio dei palestinesi a Gaza si inserisce nel quadro della guerra fra imperialismi regionali e mondiali per la spartizione del Medioriente: una guerra imperialista, per i profitti, di cui Gaza è un tassello ma i cui più importanti risultati sono stati la caduta del regime degli Assad in Siria, l’indebolimento di Hezbollah in Libano e il ridimensionamento dell’imperialismo iraniano. La tregua è un contingente equilibrio di interessi fra Arabia Saudita, Qatar, EAU, Egitto, Turchia, Israele, orchestrato dagli Stati Uniti dando in pasto a questi predoni affari miliardari in armi, vie e risorse energetiche, ricostruzione della Siria e, forse, di una parte della Striscia di Gaza.

Le potenze che finanziano Hamas e JIP – Qatar, Turchia, Iran – usano la causa nazionale palestinese per difendere i loro profitti. I 70 mila morti gazawi sono per essi “perdite tattiche” a questo scopo, motivo per cui sono in lotta non solo con Israele ma fra di loro e con tutti gli altri imperialismi regionali, in un intreccio di interessi in cui democrazia, religione e autodeterminazione nazionale servono solo a mascherare le reali finalità capitalistiche e a ingannare i lavoratori all’interno di ciascun paese. Per gli Stati Uniti la tregua in Medioriente, così come in Ucraina, serve per meglio prepararsi alla guerra con l’imperialismo cinese, che ne minaccia il dominio mondiale. Per questo l’ha imposta al suo vassallo israeliano, facendogli digerire il potenziamento degli imperialismi a esso rivali turco, qatariota e saudita.

Del genocidio a Gaza nulla importa agli Stati borghesi di tutto il mondo: ne faranno ancor peggiori. Tutti i regimi della classe dominante, d’Oriente e d’Occidente, del Nord e del Sud del mondo, democratici o autoritari, corrono al riarmo perché è chiaro che il capitalismo sta marciando verso la terza guerra mondiale. A determinarlo è la crisi di sovrapproduzione dell’economia capitalista mondiale.

Le lotte di liberazione nazionale sono stritolate in questo scontro fra le potenze e da decenni ne sono un mero strumento. La via per la fine delle sofferenze e per il riscatto dei palestinesi è oggi la stessa della emancipazione dal capitalismo dei lavoratori di tutto il mondo: la via della rivoluzione. È solo con la distruzione rivoluzionaria dei regimi borghesi, che giocano con le vite dei proletari di tutto il Medioriente, che sarà possibile liberare una convivenza fra lavoratori ebrei e palestinesi che consentirà di superare gli odi generati da quasi un secolo d’oppressione nazionale e massacri.

In Israele, in Palestina e in tutti i paesi i lavoratori devono lottare per difendere le proprie condizioni di vita, organizzati in sindacati di classe, rigettando i sacrifici loro imposti dai rispettivi regimi nazionali in nome della lotta al nemico esterno: il nemico dei proletari è sempre in “casa propria”, è il regime della classe padronale!

Come in Italia i sindacati di base chiamano i lavoratori a scioperare contro la finanziaria, che vara incrementi di spesa militare sempre più ingenti, così in Iran le masse proletarie sono da anni in fermento contro il regime che investe miliardi per finanziarie milizie in tutto il Medioriente, fra cui Hamas e JIP, a difesa dei profitti del capitalismo nazionale, e nel 2020 si sono rivoltate assaltando sedi governative, dei pasdaran e della polizia; così in Israele gli insegnanti hanno scioperato a maggio scorso, nonostante il boicottaggio del sindacato di regime Histadrut, contro il taglio del salario imposto dal governo per far fronte alle spese belliche.

La via della rivoluzione della classe lavoratrice spezza la fasulla unità nazionale interna e la macchina della guerra imperialista: se cade il regime borghese in Iran, per via rivoluzionaria, viene a mancare al regime israeliano il sostegno dello spauracchio del nemico esterno e si rafforza il movimento sociale che si oppone alla politica imperialista di quel paese.

Per questo, la lotta dei lavoratori in difesa delle proprie condizioni e contro la guerra in ogni paese, deve guardare, affratellarsi e sostenere le identiche lotte negli altri paesi, respingendo con la bandiera della unione internazionale dei lavoratori di tutto il mondo le fasulle contrapposizioni create ad arte dai regimi borghesi per imporre ai lavoratori la guerra imperialista!







Prato, domenica 30 novembre 2025
Alle aggressioni dei padroni e del loro Stato si risponda con l’unità di lotta della classe lavoratrice

Le ennesime aggressioni padronali contro gli operai in sciopero nel distretto tessile pratese organizzati col sindacato di base Sudd Cobas confermano che la democrazia è la maschera della dittatura del capitale sulla classe operaia. Da anni si verificano e nulla hanno fatto le istituzioni democratiche per porvi rimedio né tanto meno per limitare lo sfruttamento nelle fabbriche. Le forze di polizia, quando intervengono, lo fanno contro gli operai in sciopero.

I sindacati di regime – Cgil, Cisl e Uil – si sono dimostrati completamente inutili ai fini della difesa della parte più sfruttata della classe operaia del distretto che infatti si è organizzata col Sudd Cobas.

La reazione padronale, del regime politico borghese in veste democratica, della sue forze dell’ordine, mostrano quanto dura sia la lotta della classe lavoratrice. E chiariscono che i lavoratori possono e devono contare solo sulle forze della propria classe e sulle proprie organizzazioni di lotta per difendersi.

Gli operai immigrati sono la parte più sfruttata della classe lavoratrice ma sarebbe un errore credere che nel regime del capitale questa condizione possa essere risolta come fosse una sua stortura: è parte integrante del sistema di sfruttamento complessivo della classe operaia.

È il movimento di lotta dei lavoratori che ha assoluto bisogno di integrare nelle sue lotte e organizzazioni la sua parte più sfruttata, e viceversa. Il rafforzamento del Sudd Cobas nel distretto pratese è fondamentale ma la forza della classe operaia è nella sua unità di lotta e di organizzazione più estesa possibile, oltre i confini di territorio e categoria.

A questo scopo è necessaria l’unità d’azione con tutte le forze e le organizzazioni del sindacalismo conflittuale. Lo sciopero generale dell’altro ieri, che ha visto tutti i sindacati di base scioperare insieme, è un passo in questa direzione.

Il grande muro da abbattere è quello del sindacalismo di regime di Cgil Cisl e Uil che controlla ancora una parte consistente della classe lavoratrice e, non organizzandone la lotta, di sconfitta in sconfitta ne puntella la passività. Una situazione destinata a non durare, col progressivo peggiorare delle condizioni dei lavoratori, ma la cui fine può e deve essere accelerata con l’unità d’azione del sindacalismo conflittuale e dei lavoratori.

Lo sciopero contro la guerra e il genocidio a Gaza dello scorso 3 ottobre, che ha visto i sindacati di base uniti scioperare insieme anche alla CGIL, è la strada per dispiegare mobilitazioni più forti. La convergenza dei sindacati nello stesso sciopero è un fattore che ne moltiplica le adesioni e la forza, tendendo a spostare i lavoratori verso rivendicazioni, metodi di lotta e organizzazioni sindacali più combattive.

Per questo, non appena rifluito il movimento per Gaza, la dirigenza CGIL ha subito fatto retromarcia, non aderendo allo sciopero generale del 28 novembre dei sindacati di base e proclamandone uno separato e tardivo per il 12 dicembre, nonostante CUB e Confederazione Cobas la abbiamo pubblicamente invitata a scioperare insieme.

Centinaia di iscritti e delegati della Cgil e dei sindacati di base hanno però preso posizione e si sono mobilitati con la parola d’ordine “MAI PIÙ SCIOPERI SEPARATI!”, consapevoli di quanto sia cruciale questo indirizzo pratico per rimettere in piedi il movimento di lotta dei lavoratori e il sindacalismo di classe.

W la lotta del Sudd Cobas!

Per il Fronte Unico Sindacale di Classe!

Per l’unità d’azione dei sindacati e dei lavoratori!








Genova, 4 dicembre
 Unire le lotte dei lavoratori per difendere lavoro e salario!
 Dallo sciopero dei metalmeccanici a quello generale!

La lotta di un gruppo di operai non riguarda mai solo i salariati di quella azienda. Ciò a maggior ragione quando si tratta di grandi fabbriche che sono un punto di forza della classe lavoratrice perché in esse il numero permette di difendersi meglio. Per questo gli industriali e il loro regime politico – con la fasulla alternanza di governi tutti anti-operai – appena possono dividono i lavoratori con appalti, subappalti, esternalizzazioni, come nei cantieri navali, nella logistica, nell’edilizia...

Il fatto che negli anni il movimento sindacale abbia abbandonato i lavoratori delle medie e piccole aziende è dovuto al tradimento delle dirigenze dei sindacati collaborazioniste e di regime, in reazione al quale, dalla fine degli anni ‘70 sono nati i sindacati di base. Ma a questo indebolimento non si rimedia certo disinteressandosi degli operai che ancora hanno la forza di lottare. Se migliaia di siderurgici saranno licenziati sarà tutta la classe salariata a essere più debole. Bisogna invece unire la lotte affinché si sostengano reciprpcamnte.

A Genova i lavoratori dell’ex ILVA sono in sciopero a oltranza da 4 giorni. I blocchi stradali colpiscono, rallentandola, l’attività economica del padronato della città, cioè i loro profitti, a cominciare dal porto. Creano disagi alla popolazione ma i primi ad affrontare sacrifici sono gli operai in sciopero che perdono il salario e che sono minacciati, non dal disagio di pochi giorni, ma dal dramma della disoccupazione! Se gli operai mantenessero la loro lotta chiusa entro i confini della fabbrica sarebbero più deboli. È interesse di tutta la classe lavoratrice di Genova unirsi con gli operai dell’ILVA in sciopero!

Da tre giorni lo hanno fatto gli operai all’Ansaldo, anch'essi in sciopero e l'altro ieri quelli di Fincantieri. In lotta in questi giorni ci sono anche i lavoratori della Bartolini di Fegino, organizzati col SI Cobas, e le lavoratrici del Novotel licenziate per aver scioperato! Anche questi lavoratori dovrbbero unirsi con gli operai dell'ILVA per rafforzare reciprocamente le loro lotte.

Oggi Fiom, Fim e Usb hanno proclamato lo sciopero cittadino di tutti i metalmeccanici. Un passo importante nella giusta direzioni dell'estensione dello sciopero. Ma se la situazione non si risolve, Cgil e Usb – invitando all’adesione tutti gli altri sindacati – devono proclamare lo sciopero generale cittadino e lo stesso deve essere fatto a Taranto, dove lo sciopero nel siderurgico è iniziato da 2 giorni.

Al governo e al padronato, che cercano dimettere gli operai di Genova contro qulli di Taranto, bisogna rispondere con l’unità d’azione del sindacalismo conflittuale e dei lavoratori, spezzando gli steccati posti dalle dirigenze sindacali che hanno portato ai due scioperi generali separati del 28 novembre e del 12 dicembre, o alla firma del rinnovo contrattuale metalmeccanico a perdere pochi giorni prima degli scioperi generali. Da Genova è partita la proposta del primo sciopero generale unitario fra Cgil, Usb e gli altri sindacati di base del 3 ottobre scorso. Si riprenda quella strada oggi a difesa di migliaia di operai della siderurgia!





Venerdì 12 dicembre 2025
Per l’unità d’azione dei sindacati e dei lavoratori!
Per il fronte unico sindacale di classe!

Contro la guerra e il genocidio a Gaza, sotto la spinta del movimento di massa da fine agosto a inizio ottobre, si era giunti allo sciopero unitario di tutti i sindacati di base con la CGIL del 3 ottobre scorso. Non appena rifluita la spinta di quel movimento, però, le dirigenze sindacali si sono affrettate ad archiviare quello sciopero unitario liquidandolo come “caso eccezionale”, da non ripetere!

Così, contro la legge di bilancio 2026 – che rimette in marcia l’infame meccanismo dell’innalzamento dell’età pensionabile, immiserisce sanità scuola e servizi sociali e promuove il riarmo – siamo tornati ad avere due scioperi generali separati e in concorrenza: dei sindacati di base il 28 novembre e della Cgil oggi.

La divisione degli scioperi – è evidente a tutti i lavoratori – indebolisce la lotta. La convergenza dei sindacati nel singolo sciopero è fattore che moltiplica – ancor più che sommarle – le adesioni e, quindi, la forza dello sciopero. Questo ABC della lotta sindacale è stato calpestato dalla dirigenza CGIL e da quella dell’USB che della decisione della prima – di indire lo sciopero separato – si è stoltamente rallegrata.

A non gioire affatto sono i lavoratori. Centinaia di iscritti alla CGIL, a USB e agli altri sindacati di base hanno firmato appelli per un nuovo sciopero generale unitario contro la legge di bilancio. Il 25 novembre si è svolta una assemblea autoconvocata sotto lo slogan “Mai più scioperi separati!” che è riconvocata il 18 dicembre per fare un bilancio dei due scioperi separati e dare una prospettiva alla lotta per l’unità d’azione dei sindacati e dei lavoratori.

La dirigenza CGIL – di fronte ai suoi iscritti che hanno voluto scioperare insieme ai sindacati di base il 22 settembre e il 3 ottobre – non ha nemmeno l’alibi della condotta della dirigenza di USB (“sono loro che non volevano scioperare con noi...”) dato che sia la CUB sia la Confederazione Cobas hanno formalmente e pubblicamente invitato la CGIL a scioperare unitariamente il 28 novembre.

Inoltre, oggi la Cgil si trova a scioperare da sola, dopo che anche la Uil si è defilata, così come da anni fa la Cisl. Verrebbe naturale unirsi nell’azione con chi sciopera. Invece l’unità sindacale collaborazionista con CISL e UIL resta intoccabile e l’unità d’azione con il sindacalismo di base resta un tabù!

A ulteriore conferma di come le naturali esigenze del movimento di lotta sindacale vengano frustrate, la CGIL non ha firmato nessuno dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego (funzioni centrale, locali, sanità, scuola, vigili del fuoco), in compagnia con la sola USB (laddove è rappresentativa) mentre Cisl e Uil hanno firmato tutti i contratti. A tanti iscritti CGIL e USB del pubblico impiego verrà spontaneo chiedersi perché non scioperare insieme contro la finanziaria del riarmo, per aumenti salariali, assunzioni e migliori condizioni di lavoro!

Anche la grande lotta degli operai dell’ILVA di Genova – 5 giorni di sciopero e blocchi a oltranza, unito allo sciopero di 3 giorni all’Ansaldo, esteso con lo sciopero cittadino dei metalmeccanici di giovedì 4 dicembre – è una riprova della necessità di unire nell’azione i sindacati: FIOM, FIM e USB di fabbrica hanno lottato unite. L’unità d’azione sindacale è importante anche perché smaschera più chiaramente i sindacati che sabotano la lotta: in acciaieria è stata la Uilm, a livello nazionale e confederale Cisl e Uil.

Di fronte alla gravità di questo periodo storico, in cui l’attacco alla classe lavoratrice si fa sempre più duro e avanza di pari passo col drammatico marciare del capitalismo verso una nuova guerra imperialista mondiale, questa condotta che divide le lotte dei lavoratori da parte delle dirigenze sindacali e gli opportunismi meschini di chi non vi si oppone apertamente dentro i sindacati non sono perdonabili!

Occorre battersi in tutti i sindacati per l’unità d’azione dei lavoratori e dei sindacati, per spezzare l’unità sindacale collaborazionista, concertativa e di regime con il fronte unico del sindacalismo di classe, dai sindacati di base alle aree combattive dentro la Cgil.

Su questa strada, con questa battaglia, rinascerà il sindacato di classe necessario a difendere la classe lavoratrice dal capitalismo sempre più agonizzante, sempre più sfruttatore e assassino.